Questo film non è una vera e propria biografia, un biopic, come si dice ora:
È una favola nera in cui la principessa non viene salvata, ma trascinata nel baratro.
Ana de Armas fa vivere una versione immaginaria di Marylin.
Questo vuol dire che la sua vita viene decostruita e ricostruita fino a diventare qualcosa in più, un simbolo di come la bellezza, la sensualità e le fragilità vengono trattate.
Tutti vogliono un pezzo del corpo di Marylin, spettatori compresi.
Una bambola serve per giocare, per abbellire i letti delle case altrui.
Marylin vive in balia del suo corpo, ne è ostaggio, in balia di uomini bestiali o uomini fantasma assenti.
Il contrasto tra Ana de Armas, mora, sicura di sé fino ad essere spavalda, e Norma/Marylin, bionda e fragile, percorre tutto il film.
Alla fine, Norma se ne va per lo stordimento dovuto ad alcool e droghe, e con lei se ne va anche Marylin, forse era questa l’unica ribellione che si è concessa.
E Ana? Lei non scompare mai. In un’intervista ha dichiarato: Io sono stata Marylin per 9 settimane è stato terribile, esserlo stata per 36 anni deve essere stata una cosa aberrante.