Personal Credo

Io credo nelle favole.

Credo in Cenerentola, unica e sola gran culo di Cenerentola, generatrice di aspettative eccessive ed innumerevoli seghe mentali su città, cose, persone ed animali, visibili e soprattutto invisibili.

Quella gran culo di Cenerentola. Cit.




Credo in Cappuccetto Rosso, audace nipotina che gira per i boschi.

Credo nella bontà e nel non maschilismo dei 7 nani, che la prima donna che entra loro in casa la mettono prontamente a fargli da cameriera.

Credo che la Bella Addormentata sia in realtà molto più sveglia di me.

Credo che Peter Pan resterà sempre un Peter Pan. Una Matrigna invece no, non è sempre cattiva.

Biancaneve in Vogue

Credo nelle favole che raccontano di cose belle e di mostri, che spesso sono dentro le cose belle, e credo che mi piace guardare il mondo con gli occhiali delle favole.

Credo che il lieto fine non avrà mai una fine e che non sempre sia e vissero felici e contenti, un happy end può essere anche abbiamo vissuto dei bei momenti che sono finiti perché dovevano finire e voi due sapete quanto ne è valsa la pena.

Credo nell’amore che vince sul buio, credo che a volte il lupo cattivo vince, credo nel genio della lampada e nella fata turchina che vivono in ognuno di noi; credo nel lato oscuro che mentre lo guardi diventa sempre più attraente.

La vita è una favola.

Credo nelle favole.

Credo nelle favole e in chi me le racconta, che sono io.

Credo in me ed è una favola.

Caso umano 0: Edward Mani di Forbice.

Ieri sera mi sono ritrovata a sfogliare per caso l’ultimo libro di #selvaggialucarelli: Casi Umani, che tratta in modo ironico di una carrellata di dieci improbabili uomini con cui l’autrice ha avuto presumibilmente a che fare nel corso della sua vita sentimentale e mi sono ritrovata a riflettere sul fatto che ci siamo passate tutte e che la catarsi aiuta sempre ( ndR: chi ignora il significato di catarsi lo vada a cercare, please).

Nel mio caso specifico, ho basi fondate per ritenere che il primo caso umano sono io 😎. 

Però a scorrere la galleria della Lucarelli ho pensato che c’è sempre un inizio, un principio da cui comincia a dipanarsi, come un gomitolo, la sequela di casi umani, ossia di uomini o donne cui normalmente non avremmo dato neanche una chance ma che, in quelle circostanze di autostima zero, ci buttiamo a frequentare nella speranza di esserci sbagliat*.

Per me è stato quello che chiameremo #edwardmanidiforbice, causa una attraente mescolanza di somiglianza fisica con Johnny Deep e analogia tra le forbici e come mi ha tagliuzzato il cuore e l’autostima.

A chi chiede: eravate fidanzati o trombamici? Mi trovo costretta a rispondere “legati”. Sì perché la nebbia di confusione in cui mi avrebbe mollata è cominciata fin dalla definizione del rapporto.

Eppure se devo descrivere l’amore parlo di #lui ma se mai mi chiedessero di qualcosa che va oltre l’amore parlerei di #edward, perché resta il #groundzero, anche se ho smesso di amarlo una vita fa.

Perderlo faceva parte del gioco e quello che è successo è difficile da riprodurre in un modo efficace dal punto di vista narrativo. A quel tempo subivo il fascino di chi era bello e dannato, di quelli che non mi facevano capire se giocavano o ci tenevano a me. Mi piaceva Edward per il gusto della sfida: la fine è stata rude e brusca e mi colse del tutto impreparata ma così fu e da quella volta ho impiegato anni a riprendermi. Solo di recente e dopo la sequela di casi umani, quando ho incontrato Lui ho capito che quando si ama la partita è già vinta a tavolino,

che l’amore non si pretende da chi non vuole dartelo e non si regala a chi non vuole averlo. 

Lui le vede le mie farfalle nello stomaco e mi fa ridere. Mi legge dentro spesso, non sempre ed è trasparente come una bottiglia di vetro con me.

Cucina per me, molto di più che con me, è gentile, sa fare l’amore e quando se ne va, Lui torna.

Edward per mia fortuna non tornerà mai più.

 

Mai abbassare la testa, cade la corona.

Avete mai notato come una donna forte deve esserlo sempre? Le attenuanti scompaiono: o bianco o nero; o forte o debole. Nessuno si preoccupa per te, tanto sei forte, nessuno pensa di essere tenuto a farlo. 

Eppure, cosa vi devo dire? Evidentemente noi, che siamo stati un po’ sfigati per quanto riguarda le condizioni di vita di partenza, siamo stati graziati quanto a talenti e la resilienza ce l’abbiamo tatuata : in testa, sul viso e sul corpo.

 

Io ringrazierò per sempre i miei compagni di classe del liceo “bene” della mia città: tanto solerti nel copiare i miei compiti a scuola quanto sprezzanti nell’evitarmi fuori da scuola. Grazie perché mi avete insegnato che io mi basto da sola e che i libri sono amici reali.

Grazie 🙏🏼 di cuore alla professoressa di Matematica dello stesso liceo che si è sentita in obbligo di mettere i puntini sulle i, fermandomi per strada in una splendida mattina d’estate dopo la maturità, comunicandomi che il mio voto finale era stato concesso solo per evitare alla famiglia di pagare le tasse universitarie, data la nostra difficile situazione economica e che il compito di matematica lo avevo fatto male (cosa che sapevo già da sola) e questo dopo cinque anni di studio assiduo e con risultati brillanti nelle sue materie. Spero che sia fiera della sensibilità dimostrata e della sua carriera. Grazie perché mi ha insegnato che anche una mente brillante può rivelarsi meschina.

Per quanto mi riguarda, mentre questi fatti accadevano il mio codice di sopravvivenza mi imponeva di andare avanti tutta, perché io ero forte e questo doveva bastare.

In seguito ho cambiato città per andare a studiare in un’università all’altro capo dell’Italia e sono rinata. Unico rimpianto: l’aver lasciato mio fratello in quella palude ma l’istinto di sopravvivenza fu più forte. Ho iniziato a dare e superare brillantemente gli esami e a notare che gli altri ragazzi, pur con situazioni familiari ed economiche tranquille e non antipatiche come la mia, non facevano altrettanto. Per cui qualcosa di buono dovevo saperla fare pure io. Ho iniziato ad avere amici, e uno sopra a tutti, ed una vita sociale appagante. Di conseguenza, mi è venuto il dubbio di essere una compagnia quantomeno accettabile.

Sono diventata una roccia: quella era la vita che volevo ed era solo mia.

Poi ho perso una persona a me estremamente cara e lì qualche segno di smottamento c’è stato.

Mi sono laureata con 110 in Scienze Internazionali ed ho cominciato a lavorare come segretaria factotum in un posto aberrante e senza rispetto per nessuno. Ho pianto per le vessazioni e l’umiliazione, ma poco, perché io sono forte.

Ho aperto i rubinetti delle lacrime quando è finita con il mio ex compagno, dopo due bambini e un mutuo. Sono rimasta da sola e 💥…

sono diventata fortissima.

Sono diventata la boa dei miei figli in mezzo al mare delle mie lacrime. Ho imbarcato acqua eppure mi sono salvata.

Se ci penso adesso mi sale un’ondata di sdegno: ma come si fa a lasciare una figlia, una sorella, una ex nuora e un’amica da sola con due bambini di età compresa tra i 7 e i 18 mesi da sola in balia di una vita da cestinare? Eppure, nessuno si è fatto avanti anche solo per una telefonata di conforto, perché io sono forte ed ai tempi per me era normalissimo così.

In quel periodo piangevo da sola, in bagno, in cucina, sul divano, appena possibile:

ho pianto tutte le mie lacrime e recuperato gli arretrati di una vita. 

Dapprincipio piangevo perché ero triste poi piangevo di rabbia e mi dicevo: sei stata una stupida e ti sei fatta trattare come tale! Come hai potuto permettere loro di distruggerti in questo modo?   E più mi detestavo per aver dato tanto potere a gente così dappoco e più le lacrime scendevano.

Adesso piango per tutto: per una canzone, un film, quando scrivo un post.

Piangere pulisce dentro.

Quando mi dicono che sono forte adesso so rispondere che non è vero, che sono vulnerabile, soprattutto in alcuni punti.

E proprio per questo mi sento invincibile.

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Perdersi e ritrovarsi ✔️

  • La vita che ho me la sono guadagnata. E solo io ne so il prezzo. Ho due figli sani (che è molto) e tutto sommato in equilibrio, un lavoro, una persona accanto, sotto e sopra. Eppure c’è ancora qualcosa di intentato, di sospeso in cui ho urgenza e voglia di lanciarmi. Io, che di lanciarmi ho sempre avuto paura. Nella mia vita, si è aperto uno spiraglio di insoddisfazione, che a molti sembrerà ingiustificata e da lì è entrata la luce.

Ho capito che fare mille cose dovute agli occhi degli altri mi lascia svuotata e al resto del mondo non bastano mai queste innumerevoli cose, mentre per me sono uno sforzo titanico.

Fin da bambina, mi hanno sempre fatto capire, neanche tanto velatamente, di dover rallentare per adeguarmi ad una presunta normalità; mi hanno fatto intendere che se mi fossi mostrata meno strutturata e complicata non mi avrebbero giudicata strana. E sarei rimasta sulla retta via dell’essere una brava bambina.

Da grande ho recitato la parte della brava amica, che accorre ad ogni crisi, anche se la prima ad essere in crisi è lei però se lo dici sei strana. Ho recitato la parte della brava mamma, cui deve bastare la vita che fa. Ho fatto finta di non essere capace di andare oltre i traguardi già raggiunti e ho abbassato lo sguardo, di nuovo, per non apparire strana.

Ecco io ho avuto un’illuminazione:

sono terribilmente strana. E non è che voglia esserlo, io devo esserlo, è la mia natura e sono costretta a farlo, è una parte fondamentale di me.

Sono terribilmente imperfetta. Con la mia ipersensibilità, con la mia incapacità di sentirmi all’altezza, io che pretendo il massimo soprattutto da me stessa.

Io che voglio essere una donna e anche un uomo, avere tanti amici e la solitudine, lavorare ed impegnarmi in nuove sfide ed anche viaggiare, divertirmi ed essere egoista.

IO CHE ERO IO PRIMA DI PERDERMI.

Io mi sto ritrovando. E come?

Torno indietro, a come ero, perché ora non ho più motivo per scappare. E non guardo solo alle cose positive ma soprattutto a quelle che non mi piacciono e le affronto, senza evitarle. Non ho più motivo per scappare.

Perchè ho costruito tanto, i miei figli prima di tutto. Voglio che crescano convinti di andare già bene così come sono. Perché ho imparato a dire di no quando non ho voglia ed anche imprevedibili sì.

SONO IO. CHE ERO IO PRIMA DI PERDERMI.

E quando sono stanca di essere me, penso alle parole di Frida:

Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho pensato, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev’essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io.
Vorrei immaginarla, e immaginare che lei debba essere là fuori e che anche lei stia pensando a me.
Beh, spero che, se tu sei lì fuori e dovessi leggere ciò, tu sappia che sì, è vero, sono qui e sono strana proprio come te. 

Come scriveva Pasolini: vi insegneranno a non splendere e voi invece splendete. È stata la mia luce, più che le mie poche ombre, a spaventarmi e per questo l’ho cacciata indietro.

Non spegnete la vostra luce, lasciatela splendere anche se è una luce strana, che non tutti capiscono.