All you need is Love 🖤

Come si fa un bambino? Non ci vuole chissà quale conto in banca ma Amore al 100%, almeno nel momento in cui si fa, a me piace pensarla così.

Per sposarsi non serve la cerimonia perfetta per ostentare chissà cosa: servono solo due cuori, che si affidino uno all’altro finché morte non li separi, nonostante e proprio in virtù dei loro cambiamenti e contraddizioni.

All you need is LOVE.

Io la penso così le coppie che funzionano sono quelle che non si promettono nulla: senza l’obbligo di ricordare anniversari, luoghi speciali e date speciali, che mi viene l’ansia solo a scriverlo.

Quelli che fanno i passi perché sono pronti. Non perché la loro età lo richiede o non lo richiede più. Le coppie che funzionano ascoltano la stessa musica, il che permette loro di sopportare gli schizzi sullo specchio del bagno, i vestiti fuoriposto e la quotidianità.

Quelli che funzionano fanno vacanze separate e viaggi insieme. E non si capisce la differenza alzate la mano che poi ve lo spiego.

La gelosia gratuita di quando non sapevamo neanche che faccia avesse l’altro la mettono a tacere, con il tono silenzioso.

Le coppie che funzionano ridono, sanno stare in silenzio e bevono insieme, mangiando una pizza a metà.

Le coppie così al per sempre ci arrivano, senza promesse.

Il disordine delle loro case parla di loro. I loro vestiti stesi sanno di pulito ed il loro corpo odora di loro.

STAY LOVE 😜.

Le Fate Ignoranti

Le fate ignoranti sono Fate, in grado di cambiarci in qualcosa di Oltre, ma non lo fanno con un aggraziato tintinnio di bacchetta magica, bensì con l’Ignoranza, in modo invadente e cafone.

Per colpa o merito di una imprudente dedica dietro a un quadro, Antonia scopre che la sua vita matrimoniale, borghese e perfetta, è una finzione.

Ed il quadro che infonde il significato a tutto il film, a partire dal titolo, è opera dello stesso regista Ferzan Ozpetek, citando La Fata Ignorante di Magritte.

Ora, siccome all’epoca la mia idea di ammmmore era aspettare che il telefono desse segni di vita facendo spergiuri, capirete che trip mentale potentissimo furono le parole: posso chiamare questa mia pazienza amore?

Antonia e Michele incrociano i loro destini distinti e lontani, come cantano i Tiromancino nella soundtrack, a causa di questa scoperta. Danno vita ad un legame chiaroscurale e  senza etichette, accomunati dall’amore per Massimo, ormai scomparso.

Antonia per lavoro è avvezza a vedere come la notizia del contagio da malattie virali catapulti le persone in una dimensione di vita imprevista.

Michele è la colonna portante della parte a lei sconosciuta della vita del marito: tutto un mondo corale, scherzoso ed irriverente.

Antonia e Michele si conoscono reciprocamente, in un labirinto di specchi, dove perdiamo la bussola di chi è innamorato di chi e di cosa.

Questo rapporto senza definizione e senza sesso può esistere nella realtà?

Il finale è aperto, lascia a noi la scelta: Antonia, liberatasi dalle rigidità borghesi che la soffocavano, sta partendo per un viaggio in solitaria o quasi, visto che ha scoperto di aspettare un figlio da Massimo; Michele resta, all’oscuro del bambino ed interdetto dell’abbandono di quella che è al momento la persona più importante della sua vita.

Un bicchiere cade senza rompersi – segno che la persona amata non è andata via.

Antonia sceglie di omettere la notizia del bambino perché come saggiamente scrive #georgebernardshow: Solo un pazzo è completamente sincero. 

Un bambino è l’unico legame con il defunto amato, precluso a Michele. Ed Antonia, che lo ama di un nuovo amore fuori dalle convenzioni, sceglie di non farlo sentire escluso, omettendo una parte di verità.

Ho visto questo film un milione di volte per gustarmi ogni parola delle innumerevoli delizie di cui è farcito, frasi che mi guidano nella vita quotidiana:

L’unico modo per mantenere un segreto è quello di scegliersi una persona a cui dirlo. 

Che stupidi che siamo quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. A volte la vita  neanche ce ne accorgiamo. 

Una colonna musicale magistrale e fuori dagli schemi. In particolar modo, amo Gracias a la vida. 

E‍cco si dice che, quando finisci di leggere un buon libro, vorresti essere amico dello scrittore e chiamarlo. All’uscita del cinema, in un piovoso ma tiepido inizio sera di un marzo ormai lontano, ho desiderato con tutto il cuore, la testa ed il fegato di far parte di quella piccola comunità della Roma ostiense, solidale e trasgressiva. Quello che mi è rimasto è il sublime talento di spingere oltre le apparenze e le ordinarie sostanze.

Vanilla Sky. Penelope Cruz o Cameron Diaz?

Vanilla Sky è una pellicola del 2001, reboot USA di uno splendido film spagnolo: Abre Los Ojos. Questa è la prima frase che sentirete all’inizio del film: Apri gli occhi. Ed è Penelope Cruz as Sophia a pronunciarla nell’orecchio dell’uomo che si è follemente innamorato di lei nell’arco di una notte.

Per tutta la durata della visione sembrerà di fare dentro e fuori dello specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie: non saprete mai con certezze se siete nella realtà onirica o in quella effettiva ed è questo il bello.

Merito da attribuirsi anche alla colonna sonora: Rem ( di cui già il nome rimanda alla realtà onirica), Peter Gabriel, Paul Mccartney, Radio Head. On line la trovate completa.

La trama è questa: Cameron Diaz realizza che sta perdendo il trombamico Tom Cruise, letteralmente caduto ai piedi della super-cigliata Penelope Cruz. E, in ragione di questo, lo uccide, coinvolgendolo in quello che si trasforma nel di lei suicidio, pur essendo partito come tentato omicidio ai danni di lui.

Recentemente l’ho rivisto dopo anni ( la prima volta è stata in un cinema sloveno in lingua originale dopo un aperitivo lungo). Stavolta ero a casa sul mio fido scudiero il divano 😃 Meno avventuroso, ma molto piacevole lo stesso.

La riflessione che ne è nata è stata questa: chi vogliamo essere nella realizzazione della nostra vita? Cameron Diaz o Penelope Cruz?

Penelope, che tra l’altro aveva appena cominciato la sua storia con Tom all’epoca, interpreta Sofia: di una bellezza autentica, semplice. Andiamo a casa sua (nel film) e ne capiamo interessi e passioni. Passioni sue e basta, interessi che vanno oltre quello che può essere conquistare un uomo. Una donna che fa perdere la testa  perché in grado di auto-amarsi con uno stile che le corrisponde.

Sophia

Mentre Cameron Diaz è Julie, una ragazza stupenda che si costringe sempre e forzatamente in uno stile arrapante. Gli uomini li attira ma senza costruire un vero rapporto, per cui ottiene solo di inseguire, senza che nessuno insegua lei.

Julie

Entrambe, Sophia e Julie, sono belle, rivali in amore, anche se Sophia non è neanche consapevole di questa lotta, e così dovrebbe essere sempre: il passato dovrebbe scomparire di fronte ad un sentimento vero. Sophia non insegue nessuno, mentre Julie cade nella trappola di volere a tutti i costi chi la fa sentire sbagliata e non abbastanza.

E allora, al di là del magico film che ci fa compiere un giro intorno al mondo tra verità e sogno e solo alla fine squarcia il velo di Maya, per citare Schopenhauer, a mio avviso la sua visione ci mette davanti ad un’evidenza: se lui insegue lei e tu insegui lui ma nessuno insegue te. Parcheggiati. Fatti una vita tua di interessi e pensieri. E di meglio arriverà. 

 

-146 giorni a Natale ☃️

  1. Ciao Mancano 146 giorni a Natale. Quest’anno mi devo organizzare per tempo perché con una batuffola di un mese non potrò ridurmi al 22 Dicembre as usual.

Sarà bellissimo essere in cinque questo Natale. Ebbene sì… Credo in #prettywoman e pure in #babbonatale. Perché credo nell’amore, quando c’è, nell’amicizia, quella reale, e negli abbracci senza staccarsi.

Credo anche nelle canzoni che vanno dritte al punto e mi fanno brillare gli occhi.

Babbo Natale è la speranza, esaudita o no.

 

È la me mamma che fa grandi sacrifici perché i suoi bambini sorridano.

È un forno acceso e profumato con dentro i biscotti caldi da spolverare con lo zucchero a velo.

È la magia di addormentarsi e svegliarsi insieme.

È impegnarsi per un sogno dando tutto, senza riserve, con le farfalle di #frida sulla pancia e nello stomaco.

Babbo Natale 🎅🏼 diffonde la sua magia tutto l’anno, anche se spruzza la sua polvere di stelle solo per una notte.

E poi se ti presenti solo una volta l’anno, sono tutti felici di vederti. 

 

Chiamami col tuo nome by Guadagnino

Questa settimana è tutta mia e della mia panzallaria che cresce poiché la mia quattordicenne unicorno ed il mio piccolo supereroe passano una settimana al mare con il padre. Ne approfitto tornando la mia me senza figli e facendo quello che solitamente mi è precluso, tipo andare a vedere un film non cartone animato e non della Disney 😂😂😂😂😂.

Ieri pomeriggio, quindi, mi sono autoregalata un cinema d’éssai, una pellicola  che inseguo da quando il mio amico più caro ha incominciato a tesserne lodi sperticate e a dirmi che dovevo andare assolutamente a vederlo. In Friuli il cinema d’autore ha una distribuzione limitata per cui ho dovuto aspettare la Rassegna estiva #sergioamidei per poterlo vedere.

Il film è “Chiamami col tuo nome”, ti adattato dal romanzo di André Aciman omonimo e sceneggiato da James Ivory, non esattamente l’ultimo degli stronzi.

Finalmente ieri in un fresco completo di lino nero con micro borsa 👛, con all’esterno 40 gradi mi sono gustata un film magico, che riesce a toccare senza retorica quel punto del cuore in cui sono riposte quelle estati idilliche fatte di ozii e sole, vissute, se siamo stati fortunati, da ragazzini.

Elio, colto e diciassettenne, si innamora di Oliver, americano e sfrontato, sullo sfondo di una imprecisata Italia del Nord anni Ottanta. Si innamora contemporaneamente di lui e di questa provincia italiana naïve e splendente.

Elio&Oliver

Ho visto nella storia narrata un inno alla generosità sentimentale e guardandolo sono tornata a quel momento, proprio quello lì, quando per non soffrire oltre, ho deciso che a nessuno mai più avrei dato il mio cuore. Il momento in cui ho iniziato ad innalzare il muro, che ha fatto crac solo sei anni fa ❤️. E ho capito perché il mio più caro amico era sicuro mi avrebbe toccato: perché lui ha assistito all’innalzamento del muro e ai casini che dal muro sono nati e voleva poeticamente dissuadermi dal farlo ancora. E ce l’ha fatta.

Ci sono svariati motivi per correre a vedere questo film:

– una colonna sonora raffinata ed interessante, un sapiente mix di #berté e pezzi colti;

– assenza totale di poracciate sullo schermo, nonostante gli anni Ottanta in Italia siano stati la saga del cattivo gusto.

E poi c’è IL motivo che mi sta più a cuore di tutti: il discorso di Mr Perlman Senior. È stato un dono inaspettato.

Recita: “Quando meno te l’aspetti, la Natura riesce ad individuare il nostro punto debole … Nella tua condizione, se provi del dolore, coltivalo… Asportiamo così tanto di noi stessi per cercare di guarire prima, che quando poi arriviamo a trent’anni siamo già finiti, ed ogni volta che ricominciamo con qualcun altro abbiamo sempre meno da offrirgli.

Ma costringersi a non provare niente per non provare niente – che spreco!

Elio assorbe tutto in silenzio: ” Ricorda, i nostri corpi e i nostri cuori ci vengono dati una volta sola… Adesso c’è il dispiacere ed il dolore. Non ucciderlo, perché assieme ad esso se ne andrebbe anche la gioia che hai provato”.

Queste parole dette da un padre “illuminato” sono poesia. Avessi avuto anche io una guida nel momento nefasto in cui decisi di mettere sotto chiave anima corpo e cuore al solo e unico scopo di non sentire di nuovo quel dolore, avrei attraversato il tunnel della sofferenza, perché bisogna attraversarlo, non puoi prendere scorciatoie, ed avrei compreso lì che dolore e felicità viaggiano in tandem e che rifiutare l’uno, mette in stand by anche l’altra. Vivere il dolore, senza nasconderlo in cantina, è l’unica strada per la consapevolezza. Adesso, dopo una separazione, due figli e una vita da ricostruire un pezzo alla volta lo so perché la vita di prima, sempre lì nel mezzo, senza sbalzi, senza curve non era degna di essere vissuta e questo film ne è la prova provata.

Grazie al mio più caro amico per sapere sempre anche a tanti chilometri ed anni di distanza quali cose mi fanno bene e piangere allo stesso tempo. Io in quel cinema sono andata da sola, eppure un pochino mi è parso ci fosse anche lui, il mio più caro amico, come quando andavamo al cinema il mercoledì sera, a prezzo ridotto, ai tempi dell’università.

Forse lui è il mio Mr Perlman e, proprio in virtù di questo, sapeva che questa opera di ingegno e cuore avrebbe colto nel mio segno.

Consiglio a tutt* voi di andare a vederlo, se ne avrete l’occasione, e aspetto i vostri commenti.

NdR: al pomeriggio al cinema è seguito pomeriggio di lacrime a fontana, ma va bene così… il pianto pulisce.

Mai abbassare la testa, cade la corona.

Avete mai notato come una donna forte deve esserlo sempre? Le attenuanti scompaiono: o bianco o nero; o forte o debole. Nessuno si preoccupa per te, tanto sei forte, nessuno pensa di essere tenuto a farlo. 

Eppure, cosa vi devo dire? Evidentemente noi, che siamo stati un po’ sfigati per quanto riguarda le condizioni di vita di partenza, siamo stati graziati quanto a talenti e la resilienza ce l’abbiamo tatuata : in testa, sul viso e sul corpo.

 

Io ringrazierò per sempre i miei compagni di classe del liceo “bene” della mia città: tanto solerti nel copiare i miei compiti a scuola quanto sprezzanti nell’evitarmi fuori da scuola. Grazie perché mi avete insegnato che io mi basto da sola e che i libri sono amici reali.

Grazie 🙏🏼 di cuore alla professoressa di Matematica dello stesso liceo che si è sentita in obbligo di mettere i puntini sulle i, fermandomi per strada in una splendida mattina d’estate dopo la maturità, comunicandomi che il mio voto finale era stato concesso solo per evitare alla famiglia di pagare le tasse universitarie, data la nostra difficile situazione economica e che il compito di matematica lo avevo fatto male (cosa che sapevo già da sola) e questo dopo cinque anni di studio assiduo e con risultati brillanti nelle sue materie. Spero che sia fiera della sensibilità dimostrata e della sua carriera. Grazie perché mi ha insegnato che anche una mente brillante può rivelarsi meschina.

Per quanto mi riguarda, mentre questi fatti accadevano il mio codice di sopravvivenza mi imponeva di andare avanti tutta, perché io ero forte e questo doveva bastare.

In seguito ho cambiato città per andare a studiare in un’università all’altro capo dell’Italia e sono rinata. Unico rimpianto: l’aver lasciato mio fratello in quella palude ma l’istinto di sopravvivenza fu più forte. Ho iniziato a dare e superare brillantemente gli esami e a notare che gli altri ragazzi, pur con situazioni familiari ed economiche tranquille e non antipatiche come la mia, non facevano altrettanto. Per cui qualcosa di buono dovevo saperla fare pure io. Ho iniziato ad avere amici, e uno sopra a tutti, ed una vita sociale appagante. Di conseguenza, mi è venuto il dubbio di essere una compagnia quantomeno accettabile.

Sono diventata una roccia: quella era la vita che volevo ed era solo mia.

Poi ho perso una persona a me estremamente cara e lì qualche segno di smottamento c’è stato.

Mi sono laureata con 110 in Scienze Internazionali ed ho cominciato a lavorare come segretaria factotum in un posto aberrante e senza rispetto per nessuno. Ho pianto per le vessazioni e l’umiliazione, ma poco, perché io sono forte.

Ho aperto i rubinetti delle lacrime quando è finita con il mio ex compagno, dopo due bambini e un mutuo. Sono rimasta da sola e 💥…

sono diventata fortissima.

Sono diventata la boa dei miei figli in mezzo al mare delle mie lacrime. Ho imbarcato acqua eppure mi sono salvata.

Se ci penso adesso mi sale un’ondata di sdegno: ma come si fa a lasciare una figlia, una sorella, una ex nuora e un’amica da sola con due bambini di età compresa tra i 7 e i 18 mesi da sola in balia di una vita da cestinare? Eppure, nessuno si è fatto avanti anche solo per una telefonata di conforto, perché io sono forte ed ai tempi per me era normalissimo così.

In quel periodo piangevo da sola, in bagno, in cucina, sul divano, appena possibile:

ho pianto tutte le mie lacrime e recuperato gli arretrati di una vita. 

Dapprincipio piangevo perché ero triste poi piangevo di rabbia e mi dicevo: sei stata una stupida e ti sei fatta trattare come tale! Come hai potuto permettere loro di distruggerti in questo modo?   E più mi detestavo per aver dato tanto potere a gente così dappoco e più le lacrime scendevano.

Adesso piango per tutto: per una canzone, un film, quando scrivo un post.

Piangere pulisce dentro.

Quando mi dicono che sono forte adesso so rispondere che non è vero, che sono vulnerabile, soprattutto in alcuni punti.

E proprio per questo mi sento invincibile.

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