Lookiero: quando decido di dare una seconda possibilità

Hai mai sentito parlare di #lookiero? In sintesi, ti iscrivi al sito e richiedi il tuo pacco di cinque capi, scelti da uno o una stylist alla luce del profilo da te compilato.

Le domande sono varie e comprendono anche quella sui figli. A qualcuno fa specie ma provate ad accompagnare vostro figlio al parco in tacchi e tailleur bianco e poi ci risentiamo.

Puoi scegliere l’invio on demand oppure cadenzato (io ho scelto ogni due mesi) .

Alla apertura del pacco si provano e si immaginano i possibili abbinamenti, aiutati anche da cards esemplificative del nostro stylist.
Si può scegliere cosa tenere e cosa mandare indietro: in caso di reso totale, l’operazione costa 10 euro, altrimenti (anche tenendo un solo capo), i 10 euro non sono dovuti e si paga solo il prezzo di ciò che si trattiene.

Avevo provato già Lookiero con scarsa soddisfazione, ma una seconda possibilità non si nega a nessuno.

La prima esperienza era stata poco gradevole con capi che, onestamente, non erano proprio adatti a me, poi ci sta che io sono molto esigente in fatto di abbigliamento.
Poi però, con tutto il fatto della pandemia, la mia voglia di andare in giro per negozi è sotto le scarpe e Lookiero mi è sembrato un buon modo per rinfrescare il guardaroba, rimasto al 2019, senza troppi sbattimenti.
Se hai voglia di ordinare il tuo Lookiero il mio codice sconto è LKSTEFANIAC307&mgm=c da inserire in fase di checkout.

Il pacco è arrivato puntualissimo e in una box elegante ed ecologica.
Dentro c’è già tutto quanto occorre per restituire quello che non si tiene.

Provate e fatemi sapere nei commenti!

Quando ti brillano gli occhi?


Si dice che provare disagio sia comunque positivo perché serve a rendersi conto della distanza tra dove siamo e dove vorremmo essere.


A volte, tuttavia, in alcune magiche circostanze, capita di essere proprio dove vorremmo essere. E quando capita avvertiamo una tale sensazione di pienezza, di nutrimento che è magia.

By #labodif


Non so a voi, ma quando faccio quello che amo mi brillano gli occhi e il tempo diventa leggero e soffice, diventa un tempo solo presente e senza distrazioni. Quando faccio quello che amo sono e mi sento intera.

E le persone intere le riconosci.

Fare quello che amiamo si differenzia dal non sbagliare o non fallire mai.
Nessuno è esente dalle sconfitte.
Andate a curiosare qui sotto e troverete nomi inaspettati, che hanno avuto carriere ed intuizioni incredibili. Eppure, anche loro hanno avuto i loro momenti di buio e non sono partiti a 20 anni già sicuri del fatto loro. La vita è fatta di alti e bassi per tutti.

Quale è il loro Quid in più?

Il fallimento fa parte del gioco di essere interi. Non è detto che sia quello che ci viene meglio o facile ma è ciò che ci rende felici.


Le persone intere possono essere artigiani, operai, professori, cantanti, chef, baristi, contadini. Possono condurre esistenze normali o stravaganti; possono trovarsi dall’altra parte del globo terraqueo o essere seduti accanto a noi.
Quando li vedi li individui immediatamente: sono in pace con se stessi e con l’universo, emanano gratitudine e benessere, e stare con loro è un piacere ed un arricchimento senza fine.

Le persone intere sono le mie preferite e a volte mi è successo di incontrarle. Di altre ho visto film o letto la storia.
E sono tutte storie che hanno un tratto comune: ad un certo punto della loro vita, non necessariamente da giovanissimi, i protagonisti hanno capito quale era la LORO strada, non la più comoda o quella che garantiva il quieto vivere della famiglia, ed hanno avuto il coraggio di seguirla.
Bisogna raccontare queste storie per tenere a mente che


Il tuo tempo è sempre quello giusto.

Io

Io amo raccontarmi e raccontare la biografia di Misty Copeland, étoile della Danza e volto conteso dalla Moda.

Misty Copeland ha vissuto in squallide stanze di motel americani talmente la sua famiglia era povera.
Misty ha cominciato a studiare danza solo durante l’adolescenza: non ha cominciato a tre anni in baby tutù rosa.
Eppure, nella desolazione della sua infanzia, volteggiando tra un patrigno e l’altro e con abiti logori e di quarta mano, lei ballava. Senza scuole, senza concorsi cui partecipare:

ballava per se stessa, non per dimostrare qualcosa agli altri.

#dance

“La danza è stata la mia via di fuga dal brutto quartiere in cui abitavo, dalla stanza di motel in cui vivevo ammassata insieme ai miei fratelli, dal non avere neanche assicurato un pasto caldo la sera. …Quando sono arrivata a New York hanno iniziato a dirmi che non ero giusta per la danza classica. Parlavano del corpo, del peso e delle proporzioni. Ma quello che intendevano è che avevo il colore della pelle sbagliato….Quando sono sul palcoscenico, chiunque mi guardi riconosce se stesso dentro di me. Che sia uomo, donna, nero, bianco, magro, grasso, cattolico, musulmano…».

Proprio stamattina, mentre bevevo il caffè, ho letto di Pierfrancesco Favino, l’attore che adesso interpreta di tutto, che ha dichiarato: “Fino ai 35 anni ho faticato a fare questo mestiere con continuità, non mi sceglievano. Poi si vede che mi è venuta la faccia giusta e adesso mi scelgono per tutto”.

E se avesse mollato? Evidentemente ci ha creduto che Quella era la sua Strada. Questo è il pizzico di convinzione che fa la magia.

Dicono che quando si muore si fa un salto nella pienezza, per chi è già intero questo salto è un po’ più breve.

Resta la speranza di poter perseguire anche noi la NOSTRA strada perché il premio in palio è veramente interessante: sono due occhi che brillano.


10 frasi salvagente 👙

Le parole sono importanti e belle e creano mondi imprevisti.

Da sempre, chi mi conosce bene lo sa, tengo una rubrica con le frasi che mi colpiscono e che leggo o mi capita di sentire nei posti più disparati:

il mio Guggenheim delle parole.

Quando necessito di una calibratura, lo leggo e mi metto questo balsamo riparatore sulle doppie punte del cuore.

Data l’incertezza di questi giorni, ho deciso di condividere con voi le mie preferite:

  • Io sono l’albero dalle radici ben radicate, dalla forza secolare e stabile.
Un albero bellissimo visto mentre correvo.
  • La pace del perdono, non nella accezione cattolica del termine: il perdono della consapevolezza. Si raggiunge dopo esserti arrampicato su te stesso e sugli altri. È l’atto d’amore più assoluto.
  • L’Amore è responsabilità, sennò non è Amore.
  • Bisogna avere coraggio e prendersi i rischi.
Scegliere con coraggio.
  • L’unico modo per sconfiggere il dolore è immergercisi, come in una vasca, ed attraversarlo.
  • La forma più alta di conoscenza è l’Empatia.
  • La natura toglie e dà, senza etica. Tutto scorre ed il fiore nato dove non doveva magari sei tu.
In tempi di stare a casa, viaggiamo in modo alternativo.
  • L’onestà ripaga sempre. Sii sempre riconoscente verso chi ti ha aiutato quando nessuno lo faceva ma bussa alle porte per farti aprire.
  • Fuck Normal Life!!
  • Mandiamoli a cagare i bulli ed i vittimasti, gli indignati di mestiere ed i fondamentalisti.
La Nike di Samotracia. La mia preferita.

Come invecchiare bene 🆘

Dice che i 50 sono i nuovi 30– quindi io, al momento, ho 24 anni.

Sarà tutti gli over di #mariadefilippi, sarà il pensiero della pensione, che per me sarà irraggiungibile, ma butto sbircio sempre le signore agée.

Invecchiare bene è il sogno di tutti da #cocoon in poi.
Posto che la salute è il punto fondamentale come insegnano i saggi, è più che lecito desiderare di non diventare delle befane, di non morire di rughe e di aver accumulato capitali comprando quadri di Modigliani o di averli immobilizzati in beni di lusso.

L’apparenza inganna.

Sogno un futuro aperitivi con le amiche in cui poter sfoggiare la cofana bluette, il fondotinta Chanel, il rossetto YSL e un sorriso Polident. A una certa controllerei l’ora sul mio Iphone XXX e saluterei tutte per una gita al mare col marito anche lui ormai maturo, che fa molto annuncio equivoco, ma sempre brillante e propositivo.

Potrei continuare a sognare ad occhi aperti ma forse l’importante è solo arrivarci, alla vecchiaia.
Nel frattempo, mi lascio ispirare da loro, dalla loro vitalità e gioia di vivere e bellezza!

Microblanding: come avere sopracciglia perfette.

Il microblanding è uno dei miei famosi autoregali 😃 Sì, a quanto pare ho gusti difficili in fatto di regali.. di conseguenza, ho imparato a premiarmi da sola con quello che voglio. Così siamo tutti contenti.


Ho provato il microblanding ed il mio piccolo supereroe n. 2 ha esclamato: “Mamma sei ringiovanita di 20 anni!”.

Di conseguenza: Trattamento decisamente approvato!

Ringraziamo Miss Cara Delevingne se le sopracciglia non devono più essere sottili ed artefatte. Adesso le sopracciglia sono archi più folti e compatti.
La parola chiave in questo campo è:


curate ma naturali

Io ho optato per una professionista il cui marchio di fabbrica è la naturalezza. Non amo le sopracciglia alla Ken di Barbie.

Oltretutto avere un disegno da seguire sotto permette di essere più precise e veloci nel togliere i peli fuori posto.

Dopo il trattamento e per quindici giorni, bisogna applicare una crema emolliente e curativa, aspettando che si formino delle crosticine bianche da lasciar cadere da sole.
Un mese dopo il primo trattamento si fa il refill del disegno, apportando delle modifiche se necessario.

Sono molto soddisfatta e, come #chictherapy, alzarsi la mattina e vedersi in ordine e curate fa iniziare la giornata con il sorriso e, in tempi di Smart-working e di poche occasioni per uscire, ti cambia lo spirito della giornata.

È Natale anche quest’anno!

Dicembre 2010, il mio piccolo supereroe aveva 10 mesi. Foto sotto l’albero di lui e Figlia Unicorno n. 1 di 6 anni: lei con sorriso pieno di buchi che lo tiene in piedi con sgraziata grazia. Lui vestito di giallo e blu; lei di bianco. Il 24 ed il 25 erano solo per loro: in cucina le arance mangiare da Babbo Natale ed i regali in pre-order da Settembre.

Dicembre del 2000. Avevo 24 anni. Uno degli ultimi Natale festeggiati a casa di chi non c’è più. Se non erro un anno cominciato male ma finito bene. Ero in ripresa. Un’ estate bellissima a Parigi che aveva cancellato un inverno di sofferenze. Studiavo e lavoravo. Abitavo in centro, in una casa della nonna particolare ed umida. Sono scappata da lì un anno dopo, senza rimpianti.

Dicembre del 1990: 14 anni.
Fisico asciutto, tonico, da atleta. Onestamente mi ricordo poco. Non c’erano cellulari per cui gli auguri si facevano a voce, dal vivo. Centrata e concentrata come sempre. Babbo Natale era scomparso e l’unica bambina della storia ero io.

Dicembre 1980. Avevo quattro anni. L’albero di Natale era in corridoio ed il presepe era il palco dei miei giochi. Un tempo i giocattoli arrivavano solo a Natale ed io ero a corto di idee. Riciclavo la Natività. Gli addobbi erano sempre gli stessi: una volta non ci si stancava così presto delle cose, dei luoghi e delle persone. Il muschio del presepe era quello del bosco. I regali quelli scelti su un catalogo mesi prima. Babbo Natale ci faceva giocare per l’anno a venire.

Dicembre 2020. 44 anni, che è pure un bel numero simmetrico. L’albero sarà in un nuovo punto del soggiorno, di una casa che volevamo cambiare e che invece abbiamo scoperto essere il nostro posto del ♥️. Gli addobbi li tiriamo fuori domani mattina. Niente presepe. I bambini non vogliono.
I capelli sono l’unico posto in cui troverete fili argentati. Il rossetto non lo uso da tanto: sporca la mascherina; i tacchi anche: l’ultima volta in settembre per una Reunion all’aria aperta. Oltre al mio lavoro, scrivo qui. Babbo Natale è ospite fisso da noi: sono 16 anni che viene e lo aspetteremo ancora con due arance e un bicchiere di latte per i prossimi 10 anni.


Natale 2010.

Lis Furlanis

Questo weekend abbiamo trascorso una piacevole mattinata visitando il back-stage dell’artigianato della moda italiana, grazie a #apritimoda, ovviamente nel pieno rispetto delle norme anti covid.

Siamo andati a Gonars, a casa di Lis Furlanis. Cristina e Massimo ci hanno accolto nella loro casa e nel meraviglioso mondo degli #scarpez friulani.

Facendo il giro del capannone con Cristina, la mente creativa di Lis Furlanis, che cura abbinamenti e tessuti, si percepisce di entrare in contatto con una persona che ha fatto del fare bene e del fare bello la propria filosofia pratica di vita.

Tante e prestigiose le collaborazioni con realtà vicine e lontane dell’arredamento (Arredamenti Moroso, Les-Ottomans), collaborazioni bidirezionali spesso in cui i materiali di scarto di queste aziende diventano scarpe che arricchiscono l’offerta di quelle stesse realtà produttive, e con privati da ogni parte del globo terraqueo, dalla California al Giappone.

Lis Furlanis: come si cuce la tomaia.

La storia di Cristina e Massimo, ideatori di Lis Furlanis, è semplice e di ispirazione:

senza risorse in seguito alla crisi del sistema manifatturiero del Basso Friuli, devono inventarsi un modo per sopravvivere e venir fuori da un momento buio senza soldi e prospettive.


La soluzione non è sotto il loro naso… ma sotto i loro piedi 😃.

Sono gli #scarpez della tradizione friulana, quella delle loro nonne e della loro terra.

Cit. Massimo

Una calzatura di nicchia e di élite, richiesta dal mercato ma che nessuno produceva. Lis Furlanis colgono al volo questa opportunità ed imparano l’arte dalle donne anziane del paese, dopodiché rielaborano il passato nell’ottica attualissima del riciclo, del riuso ecologicamente corretto e danno vita a calzature che sono pezzi unici nati dal design popolare e tornati al futuro.

Lis Furlanis: pezzi unici.

Lis Furlanis è la storia di un’intuizione vincente che nasce a Gonars e diventa globale.

I tessuti che facevano bella mostra di sé in attesa di diventare #scarpez provengono da ogni angolo del mondo e ognuno testimonia la sua storia: tessuti provenzali inaspettatamente vivaci e brillanti, tessuti africani in filati di Fiandra, fibre tessili acquistate nelle vie giapponesi riservare ai mercanti di stoffe.

Un mondo di stoffe.

Ascoltare e soprattutto toccare con mano il dietro le quinte di una realtà imprenditoriale ed artigianale di successo con un’anima allo stesso tempo antica e nuova è stato di grande ispirazione.

Lis Furlanis: il mondo ai tuoi piedi.

La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.

Albert Einstein

Sarei stata lì per sempre ad ascoltare aneddoti e chicche di filosofia pratica friulana, tanta bellezza e tanti insegnamenti.

La visita guidata è stata necessariamente breve, per dare modo ai vari gruppetti di persone di accedere, ma rivelatrice che percorrere nuove strade è possibile, sulle nostre gambe e secondo valori di rispetto ed amore per il lavoro che dà dignità senza toglierla.

Settembre profuma di nuovo 📘📚

Amo Settembre, un po’ come Maggio. Due mesi dolci e profumati.

Settembre, in particolare, profuma di cancelleria.

Quella nuova, comprata per un nuovo inizio, dei colori e dei profumi preferiti. Delle pagine intatte, tutte da vivere, delle copertine color pastello.

Settembre è il mese in cui si cresce di più, in cui raccogliamo i frutti di un’estate rovente ed appassionata.

Settembre è un regalo grande.
Settembre è una canzone di Tiziano Ferro, anche se lo so solo io.

A Settembre si torna a scuola con gli amici ritrovati ed i nemici che lo saranno sempre meno e chi ti accompagna che si gusta l’entrata, sapendo che ogni anno potrebbe essere l’ultimo in cui vorrai che resti lì.

La mia ossessione.

Io ormai lascio la Adolescente Figlia N. 1 a tre isolati di distanza dalla scuola; non sia mai scoprano che non è orfana.


Questo mese è il primo giorno di asilo di baby n. 3, che però è ancora dentro il cerchio delle mie braccia.

Settembre è il banco di prova delle coppie estive.
Settembre è il mare solitario.

Settembre è quando indossi abiti autunnali e sei abbronzato come d’estate.

Settembre è quando puoi leggere di nuovo al sole senza raggiungere punti di fusione dell’epidermide.

Questo mese è un varco spazio temporale tra chi siamo stati e chi progettiamo di essere, anche se falliamo, poco importa, è stato bello provarci.

A Settembre si torna alla routine che amo, senza afa, senza sudore, con il respiro fresco e calmo.


Settembre è una coppia vista da dietro, lei a piedi e lui in bicicletta, che camminano davanti ad una scuola e che passeggiano noncuranti con la loro bici sopra il punto esatto, contraddistinto nella tua mappa mentale con una croce rossa, in cui sei diventato adulto.

Lavoro dell’artista turco Aycut Aydogdu.

Nascere del sesso sbagliato.


Poniamo il caso concreto:

di una ragazza, una donna, nata per puro caso in una famiglia ricca, diciamo molto ricca, che decide di viaggiare, studiare, farsi i rasta, diventare secondo ufficiale sulla nave Ocean Diamond, parlare 4 lingue oltre la mia, guidare la nave di una ONG e salvare dei disperati da morte certa.
Non va bene.


Sono una donna, molto bella, mi piace il calcio, conduco fior fiore di trasmissioni sportive con grazia e competenza di chi ha studiato dizione, portamento, comunicazione e divento una presentatrice bella, ricca e spigliata. Conosco uno nel mio ambiente, anche lui alla fine di un matrimonio e passo alla storia come La Rovina Famiglie.
Così non si fa.

Sono una donna normale, non particolarmente avvenente, la mia famiglia è modesta per cui la mia istruzione si limita alle medie inferiori e vado a lavorare nei campi, divento una sindacalista a 15 anni, faccio carriera nell’ambito del Sindacato Braccianti, dove lavoro e lotto per una vita per i diritti degli ultimi, entro in politica, divento prima deputato e poi Ministro dell’Agricoltura e promuovo una legge che aiuti i braccianti agricoli, quello che un tempo ero io. Vengo criticata per i miei outfits.
Neanche così si fa.


Sono una giovane donna bionda, provengo da una famiglia benestante, una famiglia a maggioranza femminile, mia madre se ne è andata dalla casa paterna a causa della sua ambizione e non vi ha mai fatto ritorno, amo la moda e la bella vita, mi piace immortalare i miei look con foto e video, creo un blog con l’allora mio fidanzato, il blog ha un seguito mondiale, vengo invitata alle sfilate di moda a Parigi a 23 anni, adesso il mio account Instagram è seguito da milioni di persone, ho due società e collaboro con altre decine, il mio modo di fare marketing si studia ad Harvard, ho un patrimonio netto di 10 milioni di dollari, stipendio un considerevole numero di persone, ho un marito che sta a casa in quanto il suo lavoro rende meno del mio, un figlio, pure lui biondo con la doppia cittadinanza italiana ed americana ed una casa figa.
No, no e poi NO!


Sono una donna quasi anziana, una brillante giornalista, mi vesto consapevolmente senza attenzione, per adempiere alla funzione di coprirmi con t-shirt tutte uguali, nere o blu. Mi creo una divisa come Steve Jobs con i suoi maglioncini neri o il caro Marck, con le sue magliette grigie. Non ho tempo e voglia da dedicare a Trucco e parrucco. Ho una carriera invidiabile: ho raccontato la fine sovietica e l’inizio delle indipendenze balcaniche. Ero a Baghdad mentre veniva bombardata, negli Stati Uniti e adesso in Cina. Il mio tempo fuori dallo schermo è volto a dormire, sentire i miei cari dall’altra parte del mondo e documentarmi.
Non va bene. Faccio schifo. Mi prendono in giro al tg satirico italiano.

Il problema sono queste Donne o le altre Donne che danno loro addosso?

Eravamo tre.

Si dice che gli Amici, quelli migliori, quelli veri, sono la Famiglia che ti scegli. Il modo con cui il Karma pareggia i conti con la costellazione familiare in cui sei nato e per cui ovviamente non ci sono margini di libero arbitrio. Nel caso della famiglia naturale, ti capita e te la tieni.

Nella famiglia che mi scelsi eravamo tre, una stella e due pianeti.

Io ero l’unica donna. L’unica stabile, perché di itineranti ce ne furono varie. In realtà, la distinzione di genere era estremamente labile ed arbitraria. Eravamo a nostro agio così.
Noi, quel Noi che non avevamo cercato ma che si era generato dal nulla, eravamo 3.

Tre, come i vertici di un triangolo a tratti scaleno, con i lati diversi uno dall’altro, a momenti equilatero, un triangolo fatto di fili di lana appartenenti al gomitolo della giovinezza, dal perimetro cangiante e con intrecci sempre nuovi.

Eravamo Tre.

Tre: due pianeti e una stella.

Al principio, almeno ai miei occhi, i pianeti non lo sapevano mica di girare intorno alla stella. Non che lo facessimo apposta, non sono cose che si possono decidere prima, che anzi se mi fosse concesso di tornare indietro, lo farei per scappare a questa forza di attrazione, per strappare i fili di quella che poi, troppo poi, si sarebbe rivelata tutta una bugia. Lo farei per essere diversa, per essere naturale, ma forse è una favola che tutti si raccontano questa del tornare indietro. Più probabilmente in un universo parallelo, le cose andrebbero proprio come sono andate. E ancora sarei colpevole di riservare alla stella quella indulgenza dannosa, a discapito di tutto e di tutti.

Stella nana, sono rimasta a lungo prigioniera delle forze attrattive e repulsive che così curiosamente governarono le nostre relazioni.


Pianeta di carisma e perfezionista, l’altro vertice del triangolo entrava spesso in rotta di collisione con la stella egocentrica. Quando c’era armonia era meraviglioso. Due soli solo per me. Li amavo entrambi. Di un amore fraterno e sensuale e possessivo. Alla pari.

Un acme, la cui discesa verso bugie, muri di silenzio ed incomprensioni, e confidenze fatte a uno ma non all’altro, fino a giungere all’inevitabile rottura, fu tanto più triste e rovinosa, in virtù di quel prima e di quel durante. La stella sfuggì il campo gravitazionale e sparì dalle nostre vite. Così. Per scelta.

Diventammo due, ma per me, eravamo sempre Tre. Per qualche tempo fu strano, poi divenne facile. Senza la stella esigente e capricciosa avevamo più freddo ma stavamo meglio: la verità era assoluta e tutto era trasparente. E così decidemmo di restare. In due, che una volta erano tre e non ne parlammo più.

Anni dopo la stella grande ci aspettò alla sua festa, ma noi due, ormai due piccoli estremi di un segmento piatto e diritto, non andammo. Non andammo per tristezza, di ciò che era stato ed era perduto, per quella luce di stella ormai senza cielo, per cui avevamo recitato i nostri sogni migliori incespicando sgraziatamente, e che malevola, brillava nera e inquietante. Per altri, ma non più per noi.

Poi anche noi due, meteore confuse, ci separammo. Senza gioia, senza inganni, fu come se mi strappassero via il cuore. Quel giorno alla stazione non andai. Lo lascia partire da solo.

Diventammo uno, ma per me eravamo ancora Tre.

La stella maggiore era implosa, era diventata brutta e fredda e tutti, chi prima chi dopo, venimmo risucchiati nel suo buco nero.

Ci muovemmo nel mondo, senza più cercare una famiglia di elezione.
La stella più grande ci aveva cacciato dall’asse di rotazione, sommerso di malevolenza, preferendoci chi aveva appena cominciato ad orbitargli intorno, sebbene si intuisse, fin dal principio, che nessun universo sarebbe stato pieno di Grandi Speranze come il nostro fatto di noi Tre.

Attraverso sporadici messaggi, siamo ancora in Due. Ma siamo spariti dalle rispettive esistenze. Siamo ombre.

Diventammo soli, non le stelle ma soli, come pezzi unici.

Il nostro curioso universo si è estinto, sotto il peso della minore o maggiore forza che a tratti ci attraeva reciprocamente.

La vita in questo sistema autoriferito è finita ed ora, almeno questo è quello che mi piace pensare, i suoi tre pianeti tracciano ognuno una traiettoria a sé stante. Liberi.

Ci siamo cercati per ricongiungerci?
In un caso Sì, nell’altro no, in generale più no che sì, anzi no, seppure a tratti sì.


Se loro hanno tentato di riavvicinarsi a me?
Forse.


Se tra di loro, le mie stelle di pari luce, hanno raggiunto quel punto improprio in cui due rette all’infinito si incontrano?
Chissà. Certe notti immagino di sì. Che siano al parco per l’ultima sigaretta, accomunati dai loro diversi modi di essere uomo, forse si sono riconosciuti. Di nuovo.

Tutto va come deve andare e quel connubio di quotidianità ed affinità elettive è finito.

Faccio una vita soddisfacente, anche densa di cose e persone e significato e mi racconto che è andata così come doveva andare, che le cose cambiano e le persone e le circostanze anche e tutti si adattano alla grande a questi cambiamenti.

Di norma fingo di essere normale, che va bene così e che non mi manca niente e nessuno.

I pezzi di quel mosaico sono persi.

Ma quando vedo alcuni film o ascolto alcune canzoni o quando entro in una libreria o mi arrivano alcuni profumi, ripercorro gli anni luce che ci vedono distanti ed assisto felice come una bambina a quel big bang di fuochi d’artificio da dove scaturì il nostro universo, un universo perfetto dove eravamo in Tre.