Legittimamente strana

Come buon proposito per settembre: sviluppo la mia legittima stranezza.

Non sono mai andata alle Maldive,

non sono mai salita su uno yacht,

fino a sabato prossimo posso dire di non aver mai messo piede in un parco a tema.

Non ho mai visto per intero né un film di fantascienza né un film horror.

I miei capelli mi piacciono lunghi, non li ho mai rasati. Fare parte di gruppi politici o religiosi non mi appartiene.

Da piccola e per molto tempo avevo un super potere: ero invisibile, eppure inspiegabilmente né ricavavo ben poca soddisfazione.

Non sono mai stata con un ragazzo straniero; ho avuto amici con cui ho scopato che però non erano amici e non ho mai baciato una ragazza. E di queste tre cose, l’unica che rimpiango è la ragazza.

Ricordo tutti quelli per cui ho pianto di dolore o di gioia, almeno una volta al mese mi tornano in mente tutti quelli con cui ho riso e vissuto ed alcuni mi tengono compagnia sempre nella mia testa, anche se nella mia vita non ci sono più.

Sarà tutto questo  ambaradan di roba che mi frulla dentro a farmi sentire spesso fuori agio? 

O sarà qualcosa ancora latente a farmi divergere dalla massa?

Faccio cose normali, a tratti scontate, eppure sento questa irrefrenabile necessità di caricare gesti e parole, di andare oltre.

Sono capace di riunire candore e perversione.

A volte parlo con i morti, so crescere dei figli, so portare la zavorra dei miei errori. Forse è questo a farmi sentire perennemente pesante?

So scrivere e riesco a tirare fuori bellezza anche dai posti dove non la cercheresti mai.

Adoro leggere: fin dalla culla, leggere era la mia ossessione. Divoravo i libri, di tutti i generi, li raccattavo ovunque e li leggevo senza in realtà capirli. Era l’azione di leggere che mi intrigava. Anche questo col passare degli anni, unitamente ad una Laurea fatta solo di parole, ha contribuito a fare di me agli occhi altrui parte di una imprecisata élite di pesantoni.

A me spiace per quelli che sono normali: per le vite non vissute e per le infinite possibilità di essere con la mente centomila altre persone.

Però anche ecchecazzo io voglio solo essere strana, mica fare la guerra. 

All you need is Love 🖤

Come si fa un bambino? Non ci vuole chissà quale conto in banca ma Amore al 100%, almeno nel momento in cui si fa, a me piace pensarla così.

Per sposarsi non serve la cerimonia perfetta per ostentare chissà cosa: servono solo due cuori, che si affidino uno all’altro finché morte non li separi, nonostante e proprio in virtù dei loro cambiamenti e contraddizioni.

All you need is LOVE.

Io la penso così le coppie che funzionano sono quelle che non si promettono nulla: senza l’obbligo di ricordare anniversari, luoghi speciali e date speciali, che mi viene l’ansia solo a scriverlo.

Quelli che fanno i passi perché sono pronti. Non perché la loro età lo richiede o non lo richiede più. Le coppie che funzionano ascoltano la stessa musica, il che permette loro di sopportare gli schizzi sullo specchio del bagno, i vestiti fuoriposto e la quotidianità.

Quelli che funzionano fanno vacanze separate e viaggi insieme. E non si capisce la differenza alzate la mano che poi ve lo spiego.

La gelosia gratuita di quando non sapevamo neanche che faccia avesse l’altro la mettono a tacere, con il tono silenzioso.

Le coppie che funzionano ridono, sanno stare in silenzio e bevono insieme, mangiando una pizza a metà.

Le coppie così al per sempre ci arrivano, senza promesse.

Il disordine delle loro case parla di loro. I loro vestiti stesi sanno di pulito ed il loro corpo odora di loro.

STAY LOVE 😜.

Ferragosto: 10 cose da sapere sulle grigliate

Prima di avventurarvi a festeggiare il Vs Ferragosto, dovete assolutamente sapere queste 10 cose:

1. Tutti quelli scappati dalle città, dai bar, dai centri commerciali deserti saranno dove sei tu. La solitudine a Ferragosto è un’utopia!

Pic-nic di Ferragosto

2. La griglia è un elemento imprescindibile della grigliata. Se ne sei sprovvisto, per la Legge dell’Attrazione, devi fermamente essere certo che la  griglia in qualche modo salterà fuori. 

3. La griglia del vicino è sempre più bella, più grande, con le ruote ergonomiche, americana e con essiccatore delle bacche di Gojii. Non importa: occhi fissi sulla tua.

4. Meglio arrivare a pancia vuota: la quantità di cibo sarà imbarazzante.

5. Quando ti viene voglia di marshmellow, che fanno tanto #americanstyle: ricorda che creano convivialità nel senso che si appiccicano ovunque e rimanda a fine giornata.

Spiedini anguria

6. Mille pallonate ti bombarderanno. Riflessi allerta.

7. Occhio a mantenere la distanza di sicurezza tra le Vs orecchie ed il neonato isterico di turno.

8. Cavatappi ironico e scherzoso in borsa e farete un figurone!

Cavatappi by Alessi

9. Abbigliamento a cipolla ed estremità curate: scalz* resteremo di sicuro!

10. Prevedete con estrema cura la posizione del bagno più prossimo.

Buon Ferragosto a tutti!!

Le Fate Ignoranti

Le fate ignoranti sono Fate, in grado di cambiarci in qualcosa di Oltre, ma non lo fanno con un aggraziato tintinnio di bacchetta magica, bensì con l’Ignoranza, in modo invadente e cafone.

Per colpa o merito di una imprudente dedica dietro a un quadro, Antonia scopre che la sua vita matrimoniale, borghese e perfetta, è una finzione.

Ed il quadro che infonde il significato a tutto il film, a partire dal titolo, è opera dello stesso regista Ferzan Ozpetek, citando La Fata Ignorante di Magritte.

Ora, siccome all’epoca la mia idea di ammmmore era aspettare che il telefono desse segni di vita facendo spergiuri, capirete che trip mentale potentissimo furono le parole: posso chiamare questa mia pazienza amore?

Antonia e Michele incrociano i loro destini distinti e lontani, come cantano i Tiromancino nella soundtrack, a causa di questa scoperta. Danno vita ad un legame chiaroscurale e  senza etichette, accomunati dall’amore per Massimo, ormai scomparso.

Antonia per lavoro è avvezza a vedere come la notizia del contagio da malattie virali catapulti le persone in una dimensione di vita imprevista.

Michele è la colonna portante della parte a lei sconosciuta della vita del marito: tutto un mondo corale, scherzoso ed irriverente.

Antonia e Michele si conoscono reciprocamente, in un labirinto di specchi, dove perdiamo la bussola di chi è innamorato di chi e di cosa.

Questo rapporto senza definizione e senza sesso può esistere nella realtà?

Il finale è aperto, lascia a noi la scelta: Antonia, liberatasi dalle rigidità borghesi che la soffocavano, sta partendo per un viaggio in solitaria o quasi, visto che ha scoperto di aspettare un figlio da Massimo; Michele resta, all’oscuro del bambino ed interdetto dell’abbandono di quella che è al momento la persona più importante della sua vita.

Un bicchiere cade senza rompersi – segno che la persona amata non è andata via.

Antonia sceglie di omettere la notizia del bambino perché come saggiamente scrive #georgebernardshow: Solo un pazzo è completamente sincero. 

Un bambino è l’unico legame con il defunto amato, precluso a Michele. Ed Antonia, che lo ama di un nuovo amore fuori dalle convenzioni, sceglie di non farlo sentire escluso, omettendo una parte di verità.

Ho visto questo film un milione di volte per gustarmi ogni parola delle innumerevoli delizie di cui è farcito, frasi che mi guidano nella vita quotidiana:

L’unico modo per mantenere un segreto è quello di scegliersi una persona a cui dirlo. 

Che stupidi che siamo quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. A volte la vita  neanche ce ne accorgiamo. 

Una colonna musicale magistrale e fuori dagli schemi. In particolar modo, amo Gracias a la vida. 

E‍cco si dice che, quando finisci di leggere un buon libro, vorresti essere amico dello scrittore e chiamarlo. All’uscita del cinema, in un piovoso ma tiepido inizio sera di un marzo ormai lontano, ho desiderato con tutto il cuore, la testa ed il fegato di far parte di quella piccola comunità della Roma ostiense, solidale e trasgressiva. Quello che mi è rimasto è il sublime talento di spingere oltre le apparenze e le ordinarie sostanze.

Cara me non-mamma

C’era una volta una Stefy e basta,

quella che aveva sempre in programma un’uscita con gli amici,

quella che viveva di notte e dormiva di giorno,

quella che entrava in casa alle 19 e alle 19.05 ne usciva, dopo essersi cambiata i vestiti per l’aperitivo,

quella che girava in auto senza meta solo per ascoltare la musica,

quella che cucinava solo per gli amici,

quella che faceva shopping senza passare dal reparto Bambini,

quella che si addormentava a notte fonda guardando serie TV sul divano.

Stefy&basta

Certe giornate mi manca tanto quella Stefy e basta e mi mancherà sempre. Eppure anche se fosse possibile mai e poi mai lascerei quello che ho adesso.

Mi rendo conto che se soffocassi quella parte di me sarebbe irreale crescere figli sereni. Pur amandoli con un sentimento atavico e viscerale, sento nei confronti di me stessa la stessa responsabilità che sento verso di loro.

Perché dovrei dimenticarmi della Stefy e basta o nascondere loro questa parte della mia vita?

Loro hanno spodestato quella me stessa frivola e festaiola dal centro del suo mondo e vi si sono insediati con veemenza.

Il mio unico rimpianto è quello di non aver gustato quel periodo con la consapevolezza che ho ora. Ma amo la Stefy mamma di ..,

che si è lasciata alle spalle le sue paure, che sa di essere in gamba e vive la vita che vuole.

Vanilla Sky. Penelope Cruz o Cameron Diaz?

Vanilla Sky è una pellicola del 2001, reboot USA di uno splendido film spagnolo: Abre Los Ojos. Questa è la prima frase che sentirete all’inizio del film: Apri gli occhi. Ed è Penelope Cruz as Sophia a pronunciarla nell’orecchio dell’uomo che si è follemente innamorato di lei nell’arco di una notte.

Per tutta la durata della visione sembrerà di fare dentro e fuori dello specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie: non saprete mai con certezze se siete nella realtà onirica o in quella effettiva ed è questo il bello.

Merito da attribuirsi anche alla colonna sonora: Rem ( di cui già il nome rimanda alla realtà onirica), Peter Gabriel, Paul Mccartney, Radio Head. On line la trovate completa.

La trama è questa: Cameron Diaz realizza che sta perdendo il trombamico Tom Cruise, letteralmente caduto ai piedi della super-cigliata Penelope Cruz. E, in ragione di questo, lo uccide, coinvolgendolo in quello che si trasforma nel di lei suicidio, pur essendo partito come tentato omicidio ai danni di lui.

Recentemente l’ho rivisto dopo anni ( la prima volta è stata in un cinema sloveno in lingua originale dopo un aperitivo lungo). Stavolta ero a casa sul mio fido scudiero il divano 😃 Meno avventuroso, ma molto piacevole lo stesso.

La riflessione che ne è nata è stata questa: chi vogliamo essere nella realizzazione della nostra vita? Cameron Diaz o Penelope Cruz?

Penelope, che tra l’altro aveva appena cominciato la sua storia con Tom all’epoca, interpreta Sofia: di una bellezza autentica, semplice. Andiamo a casa sua (nel film) e ne capiamo interessi e passioni. Passioni sue e basta, interessi che vanno oltre quello che può essere conquistare un uomo. Una donna che fa perdere la testa  perché in grado di auto-amarsi con uno stile che le corrisponde.

Sophia

Mentre Cameron Diaz è Julie, una ragazza stupenda che si costringe sempre e forzatamente in uno stile arrapante. Gli uomini li attira ma senza costruire un vero rapporto, per cui ottiene solo di inseguire, senza che nessuno insegua lei.

Julie

Entrambe, Sophia e Julie, sono belle, rivali in amore, anche se Sophia non è neanche consapevole di questa lotta, e così dovrebbe essere sempre: il passato dovrebbe scomparire di fronte ad un sentimento vero. Sophia non insegue nessuno, mentre Julie cade nella trappola di volere a tutti i costi chi la fa sentire sbagliata e non abbastanza.

E allora, al di là del magico film che ci fa compiere un giro intorno al mondo tra verità e sogno e solo alla fine squarcia il velo di Maya, per citare Schopenhauer, a mio avviso la sua visione ci mette davanti ad un’evidenza: se lui insegue lei e tu insegui lui ma nessuno insegue te. Parcheggiati. Fatti una vita tua di interessi e pensieri. E di meglio arriverà. 

 

-146 giorni a Natale ☃️

  1. Ciao Mancano 146 giorni a Natale. Quest’anno mi devo organizzare per tempo perché con una batuffola di un mese non potrò ridurmi al 22 Dicembre as usual.

Sarà bellissimo essere in cinque questo Natale. Ebbene sì… Credo in #prettywoman e pure in #babbonatale. Perché credo nell’amore, quando c’è, nell’amicizia, quella reale, e negli abbracci senza staccarsi.

Credo anche nelle canzoni che vanno dritte al punto e mi fanno brillare gli occhi.

Babbo Natale è la speranza, esaudita o no.

 

È la me mamma che fa grandi sacrifici perché i suoi bambini sorridano.

È un forno acceso e profumato con dentro i biscotti caldi da spolverare con lo zucchero a velo.

È la magia di addormentarsi e svegliarsi insieme.

È impegnarsi per un sogno dando tutto, senza riserve, con le farfalle di #frida sulla pancia e nello stomaco.

Babbo Natale 🎅🏼 diffonde la sua magia tutto l’anno, anche se spruzza la sua polvere di stelle solo per una notte.

E poi se ti presenti solo una volta l’anno, sono tutti felici di vederti. 

 

L’abito fa il monaco

å¢In questi giorni la prematura scomparsa di #sergiomarchione, l’Amministratore Delegato di FCA, mi ha fatto riflettere sulla sua scelta di vestirsi sempre nello stesso modo: pullover nero, da cui spuntava il colletto della camicia di preferenza a righe,  e jeans. Un look che tutti riconoscevano come suo.

Look che vuol dire: flessibilità.

Ma perché una persona che poteva permettersi di comprare tutto ha scelto di vestirsi sempre uguale?

Semplice: per distinguersi dalla massa. Questa sorta di divisa diventa un marchio immediatamente riconoscibile e, come abbiamo sentito e letto ovunque in questi giorni, Sergio Marchionne era una testa pensante di quelle toste, al di là dei giudizi di valore sul suo operato.

Ed il modo in cui il resto del mondo ci percepisce ha un enorme ripercussione sul nostro successo personale e professionale. Questa è la verità di partenza.

Avere un marchio di fabbrica, una propria immagine rende unici e vale per chiunque, non solo per i grandi leaders o managers o vips.

La storia insegna:

– Coco Chanel si vestiva sempre con la sua petite robe noir ed un filo di perle. 

– Steve Jobs si era fatto fare dallo stilista giapponese Issey Miyake una volta per tutte il quantitativo di lupetti neri che gli sarebbe occorso per il resto della sua vita.

Marck Zuckerberg ha in guardaroba di felpe e t-shirts in tutte le sfumature di grigio, altro che cinquanta, e jeans.

Tutti questi personaggi ricchi e prestigiosi e molto intelligenti mostrano una nuova ed in realtà sempre presente scelta: un modo di vestire quasi monastico, monocromatico ed internazionale.

Riflettendo su Marchionne, ho concluso che l’abito fa il monaco. E fa anche Coco, Jobs, Zuckerberg, Giorgio Armani ( con la sua t-shirt ed il suo pantalone tono su tono, dove il tono è o di blu o di nero), Albert Einstein ( il suo armadio era fatto di vestiti tutti identici) e tanti altri.

Cosa otteniamo creando uno stile nostro e seriale, una divisa nostra?

1. Siamo subito riconosciuti.

2. L’attenzione degli altri si concentra sulla nostra identità. Poiché l’outfit sarà sempre quello e tutti lo sanno.

Quali sono i capi che ci caratterizzano? Immancabilmente saranno quelli che ci fanno stare bene, che ci provocano sensazioni di agio e benessere.

Io ho cominciato a pensarci anche per una esigenza mia di purezza ed essenzialità.

Vorrei arrivare ad individuare una serie di capi che mi definiscono, da usare come base di stile, perché sento che il troppo storpia cosa comunichiamo all’esterno di noi, la nostra essenza.

 

 

Pretty Woman mi ha devastata 💰👄

OPretty Woman, film del 1990, rappresenta la favola contemporanea della ragazza povera, bella e zoccola salvata dal mix potere unito a bellezza e shackerato con i soldi.

Le sue basi concettuali mi fanno orrore: la natura, lei, e la cultura, lui, che si salvano reciprocamente ed a turno.

Lui la porta una volta all’opera ed apprende l’eleganza. Lei ha un due scleri e insegna a lui l’empatia.

Sei in ritardo.
Sei bellissima.
Non sei più in ritardo.

Come detto, il concetto mi fa orrore. Eppure è il mio film preferito, ogni volta che lo replicano io resto lì, incollata allo schermo, ipnotizzata dalla favola fino alla fine. Ogni volta che lei a letto lo bacia in bocca per la prima volta io piango e non smetto, piango fino alla fine.

Ti Amo.

Ma perché amo #prettywoman mio malgrado, sempre, in tutte le stagioni della vita, e comunque?

L’ho visto almeno in tre lingue, di cui due non originali. La più bella con amici, davanti ad uno schermo da cinema a Parigi, distesi su un plaid con il cielo della Ville Lumière a fare da sfondo. Conosco tutte le battute a memoria.

Eppure e lo so, come so di essere io, continuerò a guardarlo nei secoli dei secoli, anche in punto di morte.

Di recente ho scoperto che #asos, in collaborazione con il marchio originale #hunzag, vende on line l’abito iniziale, quello da mignotta per intenderci, nella sua versione iniziale: top bianco unito a mini in tessuto sintetico da un anello dorato; ma in tre varianti di colore: nero, rosso e blu navy (quello del film).

Party Fragole e Champagne

 

Dammi solo un nome, solo uno, di una che ce l’ha fatta.
Vuoi un nome? Tu vuoi un nome! … eccomi, ecco il tuo fottutissimo nome: quella gran culo di Cenerentola!

L’ abito è in vendita solo per le clienti britanniche del sito ed attualmente ( ho appena controllato) è nuovamente sold-out e come potrebbe essere altrimenti per un outfit che è entrato nella Storia del Cinema al pari del vestito bianco con allacciatura americana e svolazzante di Marylin?

Chissà magari in un imprecisato tempo after Panza sarà mio.

Se non posso avere la favola, ne vorrei almeno le sembianze 😜.