-146 giorni a Natale ☃️

  1. Ciao Mancano 146 giorni a Natale. Quest’anno mi devo organizzare per tempo perché con una batuffola di un mese non potrò ridurmi al 22 Dicembre as usual.

Sarà bellissimo essere in cinque questo Natale. Ebbene sì… Credo in #prettywoman e pure in #babbonatale. Perché credo nell’amore, quando c’è, nell’amicizia, quella reale, e negli abbracci senza staccarsi.

Credo anche nelle canzoni che vanno dritte al punto e mi fanno brillare gli occhi.

Babbo Natale è la speranza, esaudita o no.

 

È la me mamma che fa grandi sacrifici perché i suoi bambini sorridano.

È un forno acceso e profumato con dentro i biscotti caldi da spolverare con lo zucchero a velo.

È la magia di addormentarsi e svegliarsi insieme.

È impegnarsi per un sogno dando tutto, senza riserve, con le farfalle di #frida sulla pancia e nello stomaco.

Babbo Natale 🎅🏼 diffonde la sua magia tutto l’anno, anche se spruzza la sua polvere di stelle solo per una notte.

E poi se ti presenti solo una volta l’anno, sono tutti felici di vederti. 

 

L’abito fa il monaco

å¢In questi giorni la prematura scomparsa di #sergiomarchione, l’Amministratore Delegato di FCA, mi ha fatto riflettere sulla sua scelta di vestirsi sempre nello stesso modo: pullover nero, da cui spuntava il colletto della camicia di preferenza a righe,  e jeans. Un look che tutti riconoscevano come suo.

Look che vuol dire: flessibilità.

Ma perché una persona che poteva permettersi di comprare tutto ha scelto di vestirsi sempre uguale?

Semplice: per distinguersi dalla massa. Questa sorta di divisa diventa un marchio immediatamente riconoscibile e, come abbiamo sentito e letto ovunque in questi giorni, Sergio Marchionne era una testa pensante di quelle toste, al di là dei giudizi di valore sul suo operato.

Ed il modo in cui il resto del mondo ci percepisce ha un enorme ripercussione sul nostro successo personale e professionale. Questa è la verità di partenza.

Avere un marchio di fabbrica, una propria immagine rende unici e vale per chiunque, non solo per i grandi leaders o managers o vips.

La storia insegna:

– Coco Chanel si vestiva sempre con la sua petite robe noir ed un filo di perle. 

– Steve Jobs si era fatto fare dallo stilista giapponese Issey Miyake una volta per tutte il quantitativo di lupetti neri che gli sarebbe occorso per il resto della sua vita.

Marck Zuckerberg ha in guardaroba di felpe e t-shirts in tutte le sfumature di grigio, altro che cinquanta, e jeans.

Tutti questi personaggi ricchi e prestigiosi e molto intelligenti mostrano una nuova ed in realtà sempre presente scelta: un modo di vestire quasi monastico, monocromatico ed internazionale.

Riflettendo su Marchionne, ho concluso che l’abito fa il monaco. E fa anche Coco, Jobs, Zuckerberg, Giorgio Armani ( con la sua t-shirt ed il suo pantalone tono su tono, dove il tono è o di blu o di nero), Albert Einstein ( il suo armadio era fatto di vestiti tutti identici) e tanti altri.

Cosa otteniamo creando uno stile nostro e seriale, una divisa nostra?

1. Siamo subito riconosciuti.

2. L’attenzione degli altri si concentra sulla nostra identità. Poiché l’outfit sarà sempre quello e tutti lo sanno.

Quali sono i capi che ci caratterizzano? Immancabilmente saranno quelli che ci fanno stare bene, che ci provocano sensazioni di agio e benessere.

Io ho cominciato a pensarci anche per una esigenza mia di purezza ed essenzialità.

Vorrei arrivare ad individuare una serie di capi che mi definiscono, da usare come base di stile, perché sento che il troppo storpia cosa comunichiamo all’esterno di noi, la nostra essenza.

 

 

Come vestirsi anni ’20🖤

Uno stile vintage anni ’20 regala immediatamente un aspetto intrigante e di forte personalità.

Gli anni ’20 sono stati un’epoca frizzante e prolifica dal punto di vista della moda, non a caso restano tra i preferiti della fashion victims e degli stilisti. È l’epoca che ha visto nascere l’astro #chanel con il suo look marinaro e le perle lunghissime. Le donne adottano tagli di capelli corti e dalle onde morbide da fare anche a casa con le mitiche forcine a beccuccio Per ricreare l’acconciatura, clicca qui, fondamentale arricchire i capelli  di accessori, piume, paillettes, fasce e mollette esuberanti. Gli abiti sono quelli stile charleston, il ballo che detta legge,  a sottoveste e con il punto vita abbassato in modo che le donne possano muoversi sinuose, i cappelli sono à cloche, minimal, il make il prevede pelle perfetta, bocca a cuore con rossetto rosso ed occhi in primo piano, evidenziati da mascara e matita in abbondanza.

E allora cosa aspettiamo a stupire tutti in una calda sera d’estate? Let’s go!

Chiamami col tuo nome by Guadagnino

Questa settimana è tutta mia e della mia panzallaria che cresce poiché la mia quattordicenne unicorno ed il mio piccolo supereroe passano una settimana al mare con il padre. Ne approfitto tornando la mia me senza figli e facendo quello che solitamente mi è precluso, tipo andare a vedere un film non cartone animato e non della Disney 😂😂😂😂😂.

Ieri pomeriggio, quindi, mi sono autoregalata un cinema d’éssai, una pellicola  che inseguo da quando il mio amico più caro ha incominciato a tesserne lodi sperticate e a dirmi che dovevo andare assolutamente a vederlo. In Friuli il cinema d’autore ha una distribuzione limitata per cui ho dovuto aspettare la Rassegna estiva #sergioamidei per poterlo vedere.

Il film è “Chiamami col tuo nome”, ti adattato dal romanzo di André Aciman omonimo e sceneggiato da James Ivory, non esattamente l’ultimo degli stronzi.

Finalmente ieri in un fresco completo di lino nero con micro borsa 👛, con all’esterno 40 gradi mi sono gustata un film magico, che riesce a toccare senza retorica quel punto del cuore in cui sono riposte quelle estati idilliche fatte di ozii e sole, vissute, se siamo stati fortunati, da ragazzini.

Elio, colto e diciassettenne, si innamora di Oliver, americano e sfrontato, sullo sfondo di una imprecisata Italia del Nord anni Ottanta. Si innamora contemporaneamente di lui e di questa provincia italiana naïve e splendente.

Elio&Oliver

Ho visto nella storia narrata un inno alla generosità sentimentale e guardandolo sono tornata a quel momento, proprio quello lì, quando per non soffrire oltre, ho deciso che a nessuno mai più avrei dato il mio cuore. Il momento in cui ho iniziato ad innalzare il muro, che ha fatto crac solo sei anni fa ❤️. E ho capito perché il mio più caro amico era sicuro mi avrebbe toccato: perché lui ha assistito all’innalzamento del muro e ai casini che dal muro sono nati e voleva poeticamente dissuadermi dal farlo ancora. E ce l’ha fatta.

Ci sono svariati motivi per correre a vedere questo film:

– una colonna sonora raffinata ed interessante, un sapiente mix di #berté e pezzi colti;

– assenza totale di poracciate sullo schermo, nonostante gli anni Ottanta in Italia siano stati la saga del cattivo gusto.

E poi c’è IL motivo che mi sta più a cuore di tutti: il discorso di Mr Perlman Senior. È stato un dono inaspettato.

Recita: “Quando meno te l’aspetti, la Natura riesce ad individuare il nostro punto debole … Nella tua condizione, se provi del dolore, coltivalo… Asportiamo così tanto di noi stessi per cercare di guarire prima, che quando poi arriviamo a trent’anni siamo già finiti, ed ogni volta che ricominciamo con qualcun altro abbiamo sempre meno da offrirgli.

Ma costringersi a non provare niente per non provare niente – che spreco!

Elio assorbe tutto in silenzio: ” Ricorda, i nostri corpi e i nostri cuori ci vengono dati una volta sola… Adesso c’è il dispiacere ed il dolore. Non ucciderlo, perché assieme ad esso se ne andrebbe anche la gioia che hai provato”.

Queste parole dette da un padre “illuminato” sono poesia. Avessi avuto anche io una guida nel momento nefasto in cui decisi di mettere sotto chiave anima corpo e cuore al solo e unico scopo di non sentire di nuovo quel dolore, avrei attraversato il tunnel della sofferenza, perché bisogna attraversarlo, non puoi prendere scorciatoie, ed avrei compreso lì che dolore e felicità viaggiano in tandem e che rifiutare l’uno, mette in stand by anche l’altra. Vivere il dolore, senza nasconderlo in cantina, è l’unica strada per la consapevolezza. Adesso, dopo una separazione, due figli e una vita da ricostruire un pezzo alla volta lo so perché la vita di prima, sempre lì nel mezzo, senza sbalzi, senza curve non era degna di essere vissuta e questo film ne è la prova provata.

Grazie al mio più caro amico per sapere sempre anche a tanti chilometri ed anni di distanza quali cose mi fanno bene e piangere allo stesso tempo. Io in quel cinema sono andata da sola, eppure un pochino mi è parso ci fosse anche lui, il mio più caro amico, come quando andavamo al cinema il mercoledì sera, a prezzo ridotto, ai tempi dell’università.

Forse lui è il mio Mr Perlman e, proprio in virtù di questo, sapeva che questa opera di ingegno e cuore avrebbe colto nel mio segno.

Consiglio a tutt* voi di andare a vederlo, se ne avrete l’occasione, e aspetto i vostri commenti.

NdR: al pomeriggio al cinema è seguito pomeriggio di lacrime a fontana, ma va bene così… il pianto pulisce.

Come fare la valigia per una gita ®

Come uno chef trova ovunque spunti per i suoi piatti e anche io trovo ovunque stimoli per scrivere. 

Si avvicina la gita di fine anno della mia teenager unicorno ed i preparativi fervono. I preparativi ovviamente non riguardano i risvolti pseudo culturali dell’evento ma il domandone è #cosamimetto?

È una settimana che ci ragioniamo e, infine, abbiamo individuato tre macro aree:

1. Igiene & bellezza.

La quantità di spazio occupata da questa parte della valigia dipende da come si è: acqua e sapone o Miss Punti Perfetti, che vuole essere sempre impeccabile in ogni circostanza?

La mia teenager è ancora metà unicorno per cui, almeno a casa, non usa trucchi e parrucchi particolari ma intuisco che, in giro per il mondo con i suoi coetanei, vuole fare la grande e allora in valigia finiranno i fondamentali: shampoo, balsamo, bagnoschiuma e l’unica divinità che deve adorare in questo periodo di primi caldi: il DEO DORANTE; ma anche qualche trucco e la piastra da viaggio ( perché per la mia dovrà: attendere prego).

2. Vestiti & Co.

Abbiamo previsto due cambi al giorno per quattro giorni: uno a cipolla per il giorno ed adatto a visitare una metropoli con una autonomia da mattina a pomeriggio inoltrato; uno per la sera più sfizioso.

Dalle previsioni meteo è esplosa l’estate di conseguenza abbiamo abbondato in t-shirt. Per evitare imprevisti, abbiamo aggiunto un cambio extra, a prova di Aprile Africano.

Chiaramente da aggiungere la versione notte (pigiama) e la parte doccia (accappatoio, cinque cambi completi di lingerie con sette cambi di calzini , che non si sa mai).

Ultime ma in cima alla lista per importanza: delle buone scarpe da runner a prova di camminate metropolitane. Dopo attenta ricerca di mercato, la diretta precorritrice di sentieri upper e under- ground, ha optato per le #nike #dualband: un numero oltre il suo perché le Nike calzano piuttosto stretto.

3. Tecnologia.

Caricabatterie, senza di quello dove si va?

Fotocamera digitale, anche se poi tutte le foto le farà con il cellulare.

Nella valigia le raccomandazioni della mamma non ci stavano e allora ho preferito metterle il suo orsacchiotto di peluche con cui dorme da sempre, spetta a lui sintetizzarle tutti i miei: Mi Raccomando.

Le donne devono vivere felici ❤️

Ho aspettato per scrivere questo post perché non volevo piangere.

L’8 Marzo per me è una giornata lunga, sofferta ed io non so mai cosa dire quando mi fanno gli auguri per essere nata femmina.

Gli auguri per essere una che, a parità di ruolo e facendosi il doppio del mazzo, guadagnerà meno di un uomo?

Gli auguri per essere una che rimarrà fuori da incarichi di prestigio e ruoli importanti e che, se ci arriverà, sospetteranno sia la conseguenza di un rapporto sessuale con l’uomo che decide?

La violenza domestica è un red carpet?

Essere chiamata ‘ cagna’ è carino?

La donna ANCORA OGGI è trascinata in quanto femmina in una scia di morte e violenze. Il #25novembre è la nostra giornata internazionale perché moriamo in quanto femmine.

Io non ho festeggiato l#8marzo tra strip-tease e paillettes ma rispetto la libertà di chi vuole farlo. La mia libertà finisce dove inizia la vostra.

La mimosa è un simbolo sovversivo scelto nel vicino 1946 da Teresa Mattei, Teresa Noce e Rita Montagnara perché fiorisce in questo periodo. Esporla era un reato punibile con l’arresto.

LE DONNE DEVONO PORTARE LA MIMOSA.

Ieri ho visto uomini correre trafelati in fioreria a comprare mazzetti di mimose. GLI UOMINI.

L’ 8 Marzo è una giornata in cui gli uomini non devono fare nulla, in cui non dobbiamo aspettarci dagli uomini nessuna gentilezza imposta. È come se nel giorno della Memoria facessimo gli auguri agli ebrei.

Confido che a breve le donne si riapproprino del vero significato di questa Giornata, che nel migliore dei mondi possibili non avrebbe motivo di esistere.

Abbiamo votato la prima volta nel 1946.

Fino al 1981, in Italia, io avevo 5 anni, era ancora in vigore il matrimonio riparatore con il proprio stupratore.

Lo stupro è stato riconosciuto come reato alla persona nel 1996, io avevo 20 anni.

E cosa dire della Legge 194 sull’Aborto? Che aggiunge altro dolore ad una scelta atroce. Perché DEVI FARE FIGLI. Anche quando non vuoi. Anche con chi non vuoi. Altrimenti sei un’ingrata anormale.

Siamo FEMMINE, la nostra vita ci appartiene e dobbiamo vivere come siamo felici.

Siamo ribelli, forti e rivoluzionarie.

Puttane e non. Casalinghe e consulenti. Madri, figlie e compagne di vita.

Siamo tutto e auguro il meglio per noi ogni giorno.

5 trucchi per un look hipster 😊

Questo look ricercato e sofisticato compare negli Stati Uniti negli anni ’40, indossato dagli amanti del jazz e del bepop, contribuendo in modo sostanziale a creare la loro allure chic e talentuoso-misteriosa.

5 capi che DOVETE indossare per essere hipster:

1. pantaloni con vita alta.

2. Pantaloni second-skin con risvoltini alla caviglia.

3. Camicie naïf e con un tocco di antiquato vintage.

4. Ai piedi: mocassini o stringate.

5. Accessori a metà tra il nerd ed il vintage.

Uno stile che, a mio avviso, si innesta su quello #hipster ed in un certo senso lo compensa e completa con un tocco di sensualità è quello da pin-up ovvero burlesque.

Gli abiti sono à pois o fatti con stampa vichy, in ogni caso di foggia anni ’40-’50: gonna a ruota strizzata in vita ed allacciatura all’americana.

Correte a saccheggiare l’armadio della nonna per una serata burlesque ed #hipster.

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Look grunge chic.

Qui lo dico e non lo nego: mi piace molto.

Chi mi segue lo sa che #kurt per me è un Peter Pan eterno e geniale nella sua fragilità. E Kurt è la quintessenza del grunge: uno stile finto trasandato è finto povero, in realtà estremamente costruito e con capi anche esosi: jeans skinny e logori, camicie Tartan aperte sulle t-shirt oversize, anfibi o Caterpillar, maglioni usati ed abbondanti.

Attualmente musa del genere è #caradelavigne, ma anche #kaiagerber se la cava egregiamente.

Nota di merito: gli occhiali da sole di Kurt. Semplici ed irriverenti.

A mio avviso un look da weekend e che rende più giovani e rock.