Blonde – Una bambola per giocare

Questo film non è una vera e propria biografia, un biopic, come si dice ora:

È una favola nera in cui la principessa non viene salvata, ma trascinata nel baratro.

Ana de Armas fa vivere una versione immaginaria di Marylin.

Questo vuol dire che la sua vita viene decostruita e ricostruita fino a diventare qualcosa in più, un simbolo di come la bellezza, la sensualità e le fragilità vengono trattate.

Tutti vogliono un pezzo del corpo di Marylin, spettatori compresi.
Una bambola serve per giocare, per abbellire i letti delle case altrui.

Marylin vive in balia del suo corpo, ne è ostaggio, in balia di uomini bestiali o uomini fantasma assenti.


Il contrasto tra Ana de Armas, mora, sicura di sé fino ad essere spavalda, e Norma/Marylin, bionda e fragile, percorre tutto il film.

Alla fine, Norma se ne va per lo stordimento dovuto ad alcool e droghe, e con lei se ne va anche Marylin, forse era questa l’unica ribellione che si è concessa.

E Ana? Lei non scompare mai. In un’intervista ha dichiarato: Io sono stata Marylin per 9 settimane è stato terribile, esserlo stata per 36 anni deve essere stata una cosa aberrante.

Jackie Kennedy ovvero come essere un’ icona di stile


Il periodo Jackie Kennedy.

Quando si pensa allo stile di Jackie Kennedy Onassis si pensa soprattutto al suo guardaroba da First Lady, iconicosin dal primo momento. 

Giacche corte in tinta unita e gonne svasate al ginocchio. Tailleur pastello accompagnati da cappelli pillbox coordinati. Abiti dalla linea ad A, spesso smanicati. Guanti lunghi e corti, immancabili. Décolletée dal tacco medio. E meravigliosi gioielli, preziosi e sobri.
Ogni dettaglio era studiato accuratamente. Ogni abito pensato e scelto in base all’occasione in cui doveva essere indossato. Un look caratteristico spesso firmato Oleg Cassini, designer americano incaricato ufficialmente da Jackie di creare il suo guardaroba da First Lady tra il 1961 e il 1963. Ma non solo. Nell’armadio di Jackie c’erano capi ChanelGivenchyBalenciaga. Il suo era un amore per il gusto e per la moda europei, soprattutto francesi, che le procurò spesso critiche di mancato patriottismo dal popolo americano. Basti pensare che era firmato Chanel anche il tristemente noto tailleur rosa da lei indossato durante il tragico assassinio di JKF.

Il periodo Jackie Onassis.

Ma non è stata solo la fase da First Lady degli Stati Uniti a renderla un’icona assoluta. 
Alla fine degli Anni 60 e nei 70, infatti, durante il matrimonio con l’armatore greco Aristotele Onassis, Jackie O’ cambiò molto il suo modo di vestire, pur mantenendo la stessa eleganza.

Il suo stile si fece più rilassato, pratico, specialmente quello della vita quotidiana, lontana dagli eventi mondani. Trench e cappotti lunghi presero il posto delle giacche corte.

pantaloni flared diventarono quasi una divisa. Così come dolcevita e persino i jeans. Mentre in vacanza al mare i capi prediletti diventarono gonne fluide al polpaccio, magliettetubini leggeri e pigiami palazzo. Capi classy, quindi, ma la tempo stesso semplici, che lei sapeva portare con una grazia unica. Una grazia che la distingueva inevitabilmente da tutte le altre donne.



Quale il segreto di tanto stile?

Quello che colpisce di più dello stile di Jacqueline Kennedy Onassis è l’uso magistrale degli accessori. Complementi al look che diventano protagonisti e simbolo della sua eleganza. Sono questi gli anni in cui Jackie comincia a portare occhiali da sole dalle lenti oversize, tonde o squadrate. E che acquista in mille varianti la sua adorata borsa a mezzaluna di Gucci, battezzata poi proprio con il suo nome. I tacchi si fanno ancora più bassi per mocassini e décolletée a punta quadrata. Fino a sparire completamente in caso di sandali infradito di cuoio, come quelli che amava comprare a Capri. Cinture preziose spiccano in vita su casacche jacquard en pendant con i pantaloni. E splendidi foulard di seta stampata firmati Hermèsed Emilio Pucci vengono avvolti intorno alla testa. Andando a creare una figura iconica che diventerà quasi un’ossessione per il pubblico dell’epoca e che conserva il suo fascino ancora oggi.

Lookiero: quando decido di dare una seconda possibilità

Hai mai sentito parlare di #lookiero? In sintesi, ti iscrivi al sito e richiedi il tuo pacco di cinque capi, scelti da uno o una stylist alla luce del profilo da te compilato.

Le domande sono varie e comprendono anche quella sui figli. A qualcuno fa specie ma provate ad accompagnare vostro figlio al parco in tacchi e tailleur bianco e poi ci risentiamo.

Puoi scegliere l’invio on demand oppure cadenzato (io ho scelto ogni due mesi) .

Alla apertura del pacco si provano e si immaginano i possibili abbinamenti, aiutati anche da cards esemplificative del nostro stylist.
Si può scegliere cosa tenere e cosa mandare indietro: in caso di reso totale, l’operazione costa 10 euro, altrimenti (anche tenendo un solo capo), i 10 euro non sono dovuti e si paga solo il prezzo di ciò che si trattiene.

Avevo provato già Lookiero con scarsa soddisfazione, ma una seconda possibilità non si nega a nessuno.

La prima esperienza era stata poco gradevole con capi che, onestamente, non erano proprio adatti a me, poi ci sta che io sono molto esigente in fatto di abbigliamento.
Poi però, con tutto il fatto della pandemia, la mia voglia di andare in giro per negozi è sotto le scarpe e Lookiero mi è sembrato un buon modo per rinfrescare il guardaroba, rimasto al 2019, senza troppi sbattimenti.
Se hai voglia di ordinare il tuo Lookiero il mio codice sconto è LKSTEFANIAC307&mgm=c da inserire in fase di checkout.

Il pacco è arrivato puntualissimo e in una box elegante ed ecologica.
Dentro c’è già tutto quanto occorre per restituire quello che non si tiene.

Provate e fatemi sapere nei commenti!

Quando ti brillano gli occhi?


Si dice che provare disagio sia comunque positivo perché serve a rendersi conto della distanza tra dove siamo e dove vorremmo essere.


A volte, tuttavia, in alcune magiche circostanze, capita di essere proprio dove vorremmo essere. E quando capita avvertiamo una tale sensazione di pienezza, di nutrimento che è magia.

By #labodif


Non so a voi, ma quando faccio quello che amo mi brillano gli occhi e il tempo diventa leggero e soffice, diventa un tempo solo presente e senza distrazioni. Quando faccio quello che amo sono e mi sento intera.

E le persone intere le riconosci.

Fare quello che amiamo si differenzia dal non sbagliare o non fallire mai.
Nessuno è esente dalle sconfitte.
Andate a curiosare qui sotto e troverete nomi inaspettati, che hanno avuto carriere ed intuizioni incredibili. Eppure, anche loro hanno avuto i loro momenti di buio e non sono partiti a 20 anni già sicuri del fatto loro. La vita è fatta di alti e bassi per tutti.

Quale è il loro Quid in più?

Il fallimento fa parte del gioco di essere interi. Non è detto che sia quello che ci viene meglio o facile ma è ciò che ci rende felici.


Le persone intere possono essere artigiani, operai, professori, cantanti, chef, baristi, contadini. Possono condurre esistenze normali o stravaganti; possono trovarsi dall’altra parte del globo terraqueo o essere seduti accanto a noi.
Quando li vedi li individui immediatamente: sono in pace con se stessi e con l’universo, emanano gratitudine e benessere, e stare con loro è un piacere ed un arricchimento senza fine.

Le persone intere sono le mie preferite e a volte mi è successo di incontrarle. Di altre ho visto film o letto la storia.
E sono tutte storie che hanno un tratto comune: ad un certo punto della loro vita, non necessariamente da giovanissimi, i protagonisti hanno capito quale era la LORO strada, non la più comoda o quella che garantiva il quieto vivere della famiglia, ed hanno avuto il coraggio di seguirla.
Bisogna raccontare queste storie per tenere a mente che


Il tuo tempo è sempre quello giusto.

Io

Io amo raccontarmi e raccontare la biografia di Misty Copeland, étoile della Danza e volto conteso dalla Moda.

Misty Copeland ha vissuto in squallide stanze di motel americani talmente la sua famiglia era povera.
Misty ha cominciato a studiare danza solo durante l’adolescenza: non ha cominciato a tre anni in baby tutù rosa.
Eppure, nella desolazione della sua infanzia, volteggiando tra un patrigno e l’altro e con abiti logori e di quarta mano, lei ballava. Senza scuole, senza concorsi cui partecipare:

ballava per se stessa, non per dimostrare qualcosa agli altri.

#dance

“La danza è stata la mia via di fuga dal brutto quartiere in cui abitavo, dalla stanza di motel in cui vivevo ammassata insieme ai miei fratelli, dal non avere neanche assicurato un pasto caldo la sera. …Quando sono arrivata a New York hanno iniziato a dirmi che non ero giusta per la danza classica. Parlavano del corpo, del peso e delle proporzioni. Ma quello che intendevano è che avevo il colore della pelle sbagliato….Quando sono sul palcoscenico, chiunque mi guardi riconosce se stesso dentro di me. Che sia uomo, donna, nero, bianco, magro, grasso, cattolico, musulmano…».

Proprio stamattina, mentre bevevo il caffè, ho letto di Pierfrancesco Favino, l’attore che adesso interpreta di tutto, che ha dichiarato: “Fino ai 35 anni ho faticato a fare questo mestiere con continuità, non mi sceglievano. Poi si vede che mi è venuta la faccia giusta e adesso mi scelgono per tutto”.

E se avesse mollato? Evidentemente ci ha creduto che Quella era la sua Strada. Questo è il pizzico di convinzione che fa la magia.

Dicono che quando si muore si fa un salto nella pienezza, per chi è già intero questo salto è un po’ più breve.

Resta la speranza di poter perseguire anche noi la NOSTRA strada perché il premio in palio è veramente interessante: sono due occhi che brillano.


Le 5 famiglie che dettano la Moda.

Noi in Italia abbiamo i #ferragnez: condividiamo con loro la vita quotidiana, la sala parto e perfino il momento beauty in cui si fanno la maschera.

Che piacciono o meno questi influencers hanno fatto in modo che tutta la loro vita e, di conseguenza, anche la loro famiglia, diventino fonte di ispirazione e tendenze per tutti.

Questo fenomeno non è nuovo e si immette in una tendenza globale ampiamente sfrutta dalle #Kardashian e dalla ex #spicegirl posh Victoria Beckham e tribù annessa.

Anche noi nel nostro piccolo siamo a Social Family.


Ma procediamo con ordine in base al numero di followers:

  • The winners are: Kendall and Kylie Jenner.
Le sorelline Jenner.
Notate anche voi la somiglianza tra Kendall e Emrata? Andranno dallo stesso chirurgo?
  • I genitori Beckham ed il primogenito Brooklyn.
La tribù Beckham al completo.

Emblema del POSH da sempre. Ossia del perfetto, del patinato ed alto borghese. Lui ex stella del calcio che si è reinventato stella della mutanda maschile per H&M; lei stilista, ex Spice Girl, la Posh più posh del mondo ed il figlio divenuto fotografo talentuoso per Burberry.

  • Cara e Poppy Delevingne
Ancora British Style from Delevingne Sisters.

Cara aveva temporaneamente abbandonata la carriera di modella per dedicarsi tout court alla recitazione; mentre Poppy ci ha deliziato con nozze e gravidanza da star dei social.

Del resto, avete visto la foto che ritrae la loro nonna con il recentemente scomparso re Filippo? No? Dovete assolutamente cercarla in rete perché è una cosa chicchissima.

  • Al quarto posto i figli di Will Smith: Jaden e Willow. Modelli per Louis Vuitton, tanto per cominciare.


Che foto di famiglia strepitosa!
  • Al quinto posto i fratelli #hadid: belli e gran lavoratori del Fashion. Sono modelli ricercati per bellezza e professionalità che hanno ereditato dai genitori, immigrati negli Stati Uniti in cerca di una vita migliore e più gratificante. Anche se i genitori si sono separati nel 2000, direi che il Sogno Americano si è ampiamente avverato con un patrimonio di 57 milioni di dollari.

E con la famiglia più bella del mondo, terminiamo questo excursus nell’Olimpo del Jet Set, tra bella gente e vita da social.

Ma chissà quanto di quello che vediamo sarà veritiero?

Meglio essere oggetto di chiacchiere, che non essere oggetto di nessuna chiacchiera.

Perché indossare la giacca di pelle.

Musica e Moda sono le gemelle Kessler del mio ❤️.

Musica e Moda sono per me un ristoro, sono la Chic Therapy per curare ferite e delusioni, un rifugio da chiamare casa.

(GERMANY OUT) Kessler, Alice und Ellen ‘Kessler-Zwillinge’ *20.08.1936- Taenzerinnen, Schauspielerinnen, Saengerinnen, D – bei einer Tanzprobe – 1957 (Photo by ullstein bild/ullstein bild via Getty Images)

Nel mio universo chi prende sotto gamba Musica e Moda non può entrare: la musica e la moda necessitano e loro contraccambiano!

Stavo proprio pensando all’incontro tra questi due oceani meravigliosi e misteriosi, quando di fronte agli occhi si è materializzata L’epifania di una Audrey Hepburn tutta chic&pepe, che indossa il chiodo.

Audrey Hepburn in giacca di pelle.

Il chiodo (ha questo nome solo in italiano, per l’abitudine dei punk di portare un chiodo in tasca) era un NO detto al mondo: da Audrey Hepburn a Marlon Brando, da Sid Vicious ai Metallica, la giacca di pelle è un modo per dire: Fuck You!

Ma è così ancora oggi?

Non ho resistito e l’ho chiesto a Figlia n. 1, metà adolescente e metà unicorno, che ha risposto:

Volevo un giubbotto che stesse bene con tutto e, quindi, ho preso questo.

Figlia n. 1

In estrema sintesi, il giubbotto di pelle è tornato ma da spettatore muto. Un manifesto vuoto. Un capo di abbigliamento come un altro per coprirsi in modo dignitoso.

E No!

Il chiodo va indossato con un minimo di consapevolezza perché il chiodo è come il Rock: improvviso, ribelle e fautore di piccoli passi evolutivi che portino da fashion victims ed essere eroi delle tendenze, delle stagioni e di una cultura che mescola vizi e virtù.

Il giubbotto di pelle è solo nero!

La giacca di pelle non è tanto o solo moda ma anche musica, cinema, mito, sesso, droga e Rock&Roll, fantasia al potere e l’impossibile della porta accanto.

La signora Amal in giacca di pelle.
Le gambe di Elodie in giacca di pelle.

Come diventare Audrey Hepburn

Aprite l’armadio e vediamo se si riescono a creare combinazioni alla Audrey.

Se volete appropriarvi di uno stile senza tempo e sempre appropriato: questo è il modo!

Dal mini abito rosa scelto per il matrimonio agli abiti più bucolici scelti dopo il ritiro nella sua casa Svizzera “ La Paisible “, al tubino nero di Givenchy che io uso come capo base da accessoriare in base all’occasione per determinarne la maggiore o minore formalità.

Primo Look: L’abito rosa del matrimonio di Audrey è perfettamente sostituibile dalla versione di #valentino in crêpe rosa pastello di lana e seta.

Mini abito rosa minimale e chic.

A completare il look ballerine bianche e collant bianco (non color gesso, please), reperibile anche da #Calzedonia.

Ballerine bianche by Jimy Choo.

La seconda proposta per avvicinarsi allo stile Audrey è l’abito bucolico. Perfetto per una gita in The Countryside.

Collezione P/E Bianca Balti

Arricchitelo con gioielli di pregio a contrasto e vi prego evitiamo di rovinare l’insieme con improbabili borse di paglia.

La paglia SOLO in spiaggia. #io

Per finire, il tubino nero.

Il signore dello stile. Il pezzo dei pezzi.

Il tubino nero by Givenchy.

Naturalmente il tubino soddisfa tutte le tasche e le preferenze in fatto di tessuti, per cui farete presto a scegliere il tubino che fa per voi.

Come sempre, la fase degli accessori è fondamentale: in base al tono più o meno alto e formale o allegro e scanzonato che si vuole dare all’outfit e a se stessi, andremo a scegliere scarpe e borsa consoni.

Da ogni persona che incontriamo possiamo imparare, da Audrey Hepburn possiamo imparare tanto sia a livello di stile che di portamento che di personalità.

Come mettere d’accordo bikini e dolci.

Pensate che bikini e dolci siano due strade parallele che non si incontrano mai?

Ne siete certi?

Nei favolosi Anni ‘50, Brigitte Bardot smentisce questa presunta verità assoluta incontrando e mangiando a tutte le ore il dolce più sensuale di Francia: la Tarte Tropezienne.
La Tarte Tropezienne, che allora era talmente nuova da non avere neanche un nome, si distingue e diventa il dolce identitaria della Costa Azzurra. Al contrario della Sachet Torte, timida e riservata, con la marmellata di albicocche nascosta al suo interno, la Tarte Tropezienne è sfacciatamente golosa e sensuale.

La Tarte Tropezienne in tutta la sua golosità.

La leggenda narra che il pasticciere slavo, Alexander Micka, giunto a Saint-Tropez nel 1955, preparava in una minuscola boulangerie-patisserie appena avviata, con passione il dolce la cui ricetta gli era stata tramandata da sua nonna.

Una brioche ripiena di due creme e ricoperta di zucchero.

Non lontano dai profumi di questa patisserie, Roger Vadim, regista francese di origini russe, arriva per girare il film “ E Dio creò la donna”, con cui lancia la moglie, #brigittebardot.

Brigitte è una dea con un ombelico che parla da solo e che offre agli occhi del mondo nella prima scena di cinema in esterno giorno dove si mostra un due pezzi.

La leggenda narra che la dea immanente della pancia piatta si innamori della Tarte Tropezienne, tanto da non volerne mai restare senza.

Brigitte: Datemi la mia Tarte Tropezienne!

La Tarte Tropezienne e B.B. si assomigliano: zucchero su zucchero.

La Tarte strasborda di crema, è come il bikini trabocca di Brigitte.
Il dolce identificativo della Costa Azzurra è una stella bionda, caotica ed esuberante. 

Il bikini è la simbolica ciliegina sulla Tarte Tropezienne.

Brigitte Bardot mangia tonnellate del dolce cui lei stessa darà il nome di Tarte Tropezienne e conquista le masse con il suo bikini.

Scacco matto alla morale bigotta Anni ‘50 dal suo erotismo fresco e sfacciato.

La torta di Saint-Tropez ed il bikini celebrano una sensualità nuova ed indulgente, che attrae ricoprendosi di zucchero.

Brigitte Bardot, con la sicurezza dei suoi vent’anni, compie una vera e propria Rivoluzione Copernicana, grazie a cui la donna gode del suo corpo e della sua Tarte de Saint-Tropez in un impeto di felicità da polisaccaride.

Per concludere, la Brigitte Bardot Philosophy è tuttora attuale: uno stile ottenuto senza sforza né struttura e mangiando tonnellate di un dolce che farebbe perdere fascino a chiunque, tranne che alla Dea del Bikini.

Da allora la boulangerie di Alexandre possiede un brevetto e rifornisce con il suo celeberrimo dolce i palati più esigenti di Francia, mentre il bikini è ovunque.

E come direbbe B.B.:

Se non hanno fantasia che mangino brioche e indossino tanga.

10 frasi salvagente 👙

Le parole sono importanti e belle e creano mondi imprevisti.

Da sempre, chi mi conosce bene lo sa, tengo una rubrica con le frasi che mi colpiscono e che leggo o mi capita di sentire nei posti più disparati:

il mio Guggenheim delle parole.

Quando necessito di una calibratura, lo leggo e mi metto questo balsamo riparatore sulle doppie punte del cuore.

Data l’incertezza di questi giorni, ho deciso di condividere con voi le mie preferite:

  • Io sono l’albero dalle radici ben radicate, dalla forza secolare e stabile.
Un albero bellissimo visto mentre correvo.
  • La pace del perdono, non nella accezione cattolica del termine: il perdono della consapevolezza. Si raggiunge dopo esserti arrampicato su te stesso e sugli altri. È l’atto d’amore più assoluto.
  • L’Amore è responsabilità, sennò non è Amore.
  • Bisogna avere coraggio e prendersi i rischi.
Scegliere con coraggio.
  • L’unico modo per sconfiggere il dolore è immergercisi, come in una vasca, ed attraversarlo.
  • La forma più alta di conoscenza è l’Empatia.
  • La natura toglie e dà, senza etica. Tutto scorre ed il fiore nato dove non doveva magari sei tu.
In tempi di stare a casa, viaggiamo in modo alternativo.
  • L’onestà ripaga sempre. Sii sempre riconoscente verso chi ti ha aiutato quando nessuno lo faceva ma bussa alle porte per farti aprire.
  • Fuck Normal Life!!
  • Mandiamoli a cagare i bulli ed i vittimasti, gli indignati di mestiere ed i fondamentalisti.
La Nike di Samotracia. La mia preferita.

Il buon gusto del cattivo gusto: ⭐️

La sempre cara mi fu quest’ermo colle, Coco Chanel ha sostenuto fino alla morte la sua convinzione del Meno è Meglio, invitando a fare questo gioco prima di uscire: guardarsi allo specchio e togliere ancora una cosa.


Si tratta della sottile Arte della Sottrazione.

Qui dentro si poteva entrare sovraccarichi solo di perle. La porta della dimora di Coco al Ritz Paris, dove visse per 34 anni.

Non tutti siamo uguali, però, e la moda è un grande gioco che permette a tutti di esprimersi e di essere a posto con ciò che si è.

Io

Accanto a chi ama l’essenzialità e la sottrazione, troviamo gli amanti del di più, del troppo, dell’Addizione e della stratificazione.

C’è un mio caro amico, siciliano di nascita e nomade italico per necessità, che pratica questo stile da sempre e con successo. Nel senso che lui è così e risulta autentico nei panni che ha scelto di abbinare e vestire. Abbina con disinvoltura tweed e fucsia, occhiali appariscenti e coppola sicula, pantaloni gialli larghi e blazer da ufficio.

Uno stile decisamente sopra le righe. Come è lui.

Sul piano collettivo, un esempio calzante di quello di cui si discorre è #irisapfel. Il suo motto è More is More and Less is Bore, ovvero Più è più e meno è noioso.

La sua immagine risulta sempre carica di mix audaci e di stampe sovrapposte e mescolate ed iperaccessoriata. C’è chi approva e chi meno ma per chi ama spingersi ai confini del mondo e di sé è un valido esercizio, quello di sovvertire le regole, almeno qualche volta, e mandare a riposo le regole sui colori da abbinare e il bon ton.

I ricconi non vestono così bene come quelli che si devono dare da fare, come chi deve mettere a frutto la propria inventiva. Parola di Iris.

L’importante è essere autentici perché limitarsi a comprare ed abbinare lo sanno fare tutti e, con un po’ di pratica o lasciandosi consigliare, riesce a tutti ma raccontarsi e piacersi e farsi vedere per quello che si è, quella è un’altra storia che implica consapevolezza e maestria e leggiadria.

E voi come siete? Perfettini o stravaganti? Bon ton o vi piace mixare?