Lettera ai miei primi due prototipi

Cari Primi Figli,
Quando siamo rimasti in tre la mia vita è cambiata ed è cambiata anche la vostra.
Dai primi tempi bui ad ora, ne abbiamo fatta di strada, a volte in salita ed a volte in discesa ed oggi ho deciso di scrivervi.
Voi due vi siete bastati quando io ero troppo confusa per essere efficacemente presente.
Avete saltato sul letto ridendo, quando da ridere c’era ben poco.
Avete giocato sul bagnasciuga in spiaggia, mentre io guardavo il mare, presa da mille pensieri.
Mi avete fatto la linguaccia di nascosto, quando borbottavo di far i compiti.

Vi siete divisi i giochi, la merenda ed il mio cuore straziato da cose che non vi potrò mai dire.

Siete stati uno per l’altra quello che io, presa da casini che solo gli adulti possono creare, non potevo essere.

Avete guardato fuori dagli stessi finestrini ad ogni nostro viaggio, raccontandovi sogni ed aspettative. Ed i vostri occhi uguali racchiudono gli stessi ricordi per sempre.

Siete una sorella unicorno ed un fratello supereroe favolosi e sarete sempre:

la mia prima volta che 

anche ora che tra poco saremo in cinque.

Il disagio di perdonarsi

In giorni come questo mi sento terribilmente corresponsabile di aver permesso a una merda tale di entrare nella mia vita. Io che sono così vigile con le vite altrui, io che i corsi e ricorsi che sanno di circolo vizioso li proietto al multisala, sono stata distratta con la mia di vita.

Un giorno mi perdonerò.

Un Minotauro senza cuore con cui ho a che fare tutti i giorni e a cui devo lasciare i miei bambini a weekend alternati. Io, che non credo in niente, prego per loro ogni volta.

Un contenitore fallato, scartato da quelli furbi, pieno di malvagità e cattiveria. Soprattutto verso chi vede la pochezza che sei.

Nonostante tutto, sono ancora viva. ✌️

E adesso lo so: la quercia e il cipresso non crescono l’uno all’ombra dell’altro.

Il coraggio è come neve ma non si scioglie al sole ed è una cosa che si impara.

Se la cattiveria ti fissa, tu guarda da un’altra parte.