Desperate neo mamma in 4 punti

Ogni mattina mi riprometto di seguire i consigli di #enzomiccio e #carlagozzi, ma poi devo arrendermi ai quotidiani ed imprevedibili ritmi da desperate neo mamma di tre iene ( il primo che dice : hai voluto la bicicletta? Vince un mappamondo ).

Questi ritmi richiedono appunto 4 capi must-have, #maipiusenza:

1 – La tuta: salvavita per ottimizzare i tempi per la sua versatilità. Si presta tanto ad improvvisati pisolini sul divano quanto a preziosi workout casalinghi per tornare in forma svolti tra un microsonno della baby n. 3 e l’altro.

2 – Pigiama caldo. Capo lontano dal sexy quanto Plutone dal Sole ma funzionale ad evitare una bronchite certa, alzandomi mille volte di notte per riposizionare il ciuccio dove deve stare. Ho varie sottovesti di raso ma giacciono nel cassetto, in attesa di tempi migliori.

3 – Scarpa comoda da infilare senza lacci per i subitanei picchi di mondanità ovvero quando devo scendere dall’auto per fare il bancomat o per prelevare il medio supereroe a calcio.

4 – Leggings mon amour. Rigorosamente neri, li infilo in 0,3 secondi mentre la iena piccola rotola sul letto, la adolescente metà Unicorno mi ripete latino ed il medio supereroe richiede la mia consulenza per fare il nodo alle scarpe.

Per il momento va così, sarei ipocrita a sostenere il contrario 😃 Sarà una fase da vivere appieno come sempre, del resto..

morto un outfit se ne fa un altro 😃.

Una mostra per caso

Chi ha detto che per vedere una mostra originale occorra andare lontano o spendere tanti soldi?

Ieri mattina, nel tempo che io e la piccola ci prendiamo per girovagare il mercoledì mattina, mi sono imbattuta in una mostra su L’Evoluzione del Costume tra il 1500 ed il 1900 con modelli spesso mutuati dalle più importanti collezioni private europee.

La mostra è stata allestita a cura di una signora, che immagino piccola e sorridente e che volontariamente eviterò di andare a stalkerare sui social per conservarne un’immagine di fantasia, la Sig.ra Lidia Facchin, una volta sarta teatrale ed ora in pensione ed insegnante per l’Università della Terza Età sede di Palmanova.

Io amo e rispetto profondamente questi abiti strutturati e che necessitano anche di una struttura sottostante per essere al meglio perché evidenziano un concetto a mio avviso spesso trascurato: il sotto determina il sopra; il sottostante, il visibile.

Volete dare un’occhiata con me?

Panoramica degli Abiti

Il fatto sorprendente è che tanta inaspettata meraviglia è ospitata in un centro commerciale: il Tiare Shopping di Villesse, ad esattamente 11 km da casa mia.

Che piacevole sorpresa !!

Abiti preziosi, bellissimi e frutto di tempo e voglia di migliorare dei loro fautori, frequentatori dei corsi organizzati dalla Sig.ra Lidia Facchin presso il polo universitario per la Terza Età di Palmanova.

Bramiamo cose eccezionali e spesso abbiamo la bellezza sotto il naso ed a portata di mano .

Nel tourbillon dei modelli proposti, ho ammirato in particolar modo un modello antesignano dell’abito sottoveste nero e rosa, arricchito da perle.

Tutte le strade portano a Chanel

Ma anche gli altri modelli hanno incantato sia me che la mia piccola n. 3, beatamente addormentata nel suo ovetto.

Questo il giro fatto da noi.

Tornano i pantaloni a vita alta👖

I pantaloni a vita alta sono un capo simpaticamente retrò, con una linea ibrida tra il maschile ed il femminile che strizza l’occhio agli anni ’50.

Nessuno sostiene che siano facili da portare: mettono, infatti, in iper evidenza sia i fianchi che il lato B.

Da considerare che sarebbe assurdo acquistare dei pantaloni a vita alta per poi nasconderli con maglie oversize, meglio valorizzarli con crop top, camicie o maglie da tenere infilati dentro i pantaloni, meglio se abbinati con cinture che valorizzino ancora di più il punto vita e tacchi alti per esaltare la silhouette.

phighe senza calze in 4 mosse

In questo articolo parliamo solo dei casi in cui la prospettiva della giornata è quella di una permanenza all’esterno limitata, la temperatura al di sopra dello zero e nel caso in cui l’occasione sia di quelle speciali. Va da sé che nelle altre eventualità le calze sono indispensabili.

I miei trucchi per fare le phighe senza calze:

  • Ciclisti o calza tagliata di lunghezza tattica rispetto alla gonna, furbescamente indossati sotto. Di conseguenza solo la parte di gamba visibile agli altri è senza calze ed esposta al freddo.
  • Se le gambe sono en plein air   testa (in cui si trovano i principali nervi recettori del freddo), mani e piedi devono per forza essere sovra coperti. 
  • Stivali alti o #cuissardes con calzetto di lana, per la motivazione che abbiamo detto sopra, e che può arrivare alla caviglia, a metà polpaccio o al ginocchio.
  • Gambe ben depilate ed idratate perché, così facendo, le vere protagoniste sono loro 😜.

 

Essenziale è trovare il giusto equilibrio di lunghezze tra gonna e scarpe. 

Questo è possibile seguente la LEGGE dell’ELASTICO: ovvero se si allunga la gonna, si abbassa l’altezza della calzatura; mentre se la gonna è corta, la calzatura cresce di statura.

In conclusione, questi gli abbinamenti per non sbagliare:

– mini e cuissardes

– midi e biker boots, purché siano alti almeno fino alla caviglia, altrimenti l’effetto è grottesco, fidatevi.

– gonna lunga e sneakers o décolleté

– jeans o pantaloni culotte e slip-on.

Io ho sperimentato il look senza calze recentemente ovvero l’altro anno in occasione di un matrimonio d’inverno e spesso ai tempi in cui lavoravo in bar per mantenermi agli studi.

Vi assicuro che il risultato finale merita ed è un balsamo di autostima 😜.

Caso umano 0: Edward Mani di Forbice.

Ieri sera mi sono ritrovata a sfogliare per caso l’ultimo libro di #selvaggialucarelli: Casi Umani, che tratta in modo ironico di una carrellata di dieci improbabili uomini con cui l’autrice ha avuto presumibilmente a che fare nel corso della sua vita sentimentale e mi sono ritrovata a riflettere sul fatto che ci siamo passate tutte e che la catarsi aiuta sempre ( ndR: chi ignora il significato di catarsi lo vada a cercare, please).

Nel mio caso specifico, ho basi fondate per ritenere che il primo caso umano sono io 😎. 

Però a scorrere la galleria della Lucarelli ho pensato che c’è sempre un inizio, un principio da cui comincia a dipanarsi, come un gomitolo, la sequela di casi umani, ossia di uomini o donne cui normalmente non avremmo dato neanche una chance ma che, in quelle circostanze di autostima zero, ci buttiamo a frequentare nella speranza di esserci sbagliat*.

Per me è stato quello che chiameremo #edwardmanidiforbice, causa una attraente mescolanza di somiglianza fisica con Johnny Deep e analogia tra le forbici e come mi ha tagliuzzato il cuore e l’autostima.

A chi chiede: eravate fidanzati o trombamici? Mi trovo costretta a rispondere “legati”. Sì perché la nebbia di confusione in cui mi avrebbe mollata è cominciata fin dalla definizione del rapporto.

Eppure se devo descrivere l’amore parlo di #lui ma se mai mi chiedessero di qualcosa che va oltre l’amore parlerei di #edward, perché resta il #groundzero, anche se ho smesso di amarlo una vita fa.

Perderlo faceva parte del gioco e quello che è successo è difficile da riprodurre in un modo efficace dal punto di vista narrativo. A quel tempo subivo il fascino di chi era bello e dannato, di quelli che non mi facevano capire se giocavano o ci tenevano a me. Mi piaceva Edward per il gusto della sfida: la fine è stata rude e brusca e mi colse del tutto impreparata ma così fu e da quella volta ho impiegato anni a riprendermi. Solo di recente e dopo la sequela di casi umani, quando ho incontrato Lui ho capito che quando si ama la partita è già vinta a tavolino,

che l’amore non si pretende da chi non vuole dartelo e non si regala a chi non vuole averlo. 

Lui le vede le mie farfalle nello stomaco e mi fa ridere. Mi legge dentro spesso, non sempre ed è trasparente come una bottiglia di vetro con me.

Cucina per me, molto di più che con me, è gentile, sa fare l’amore e quando se ne va, Lui torna.

Edward per mia fortuna non tornerà mai più.